Non pago di aver raccomandato a novembre l’acquisto di titoli bancari, mentre andava montando la tempesta nel settore che sta spingendo i mercati azionari in un bear market pieno di incognite e pericoli, il settimanale Il Mondo è tornato la scorsa settimana a tartassare i suoi lettori, consigliando l’acquisto di case. “Casa, è l’ora di comprare”, esorta la copertina (vedi foto). Pesce d’aprile fuori stagione o provocante e seria analisi controcorrente?
Di immobili, in questo blog, ho già parlato a ottobre nel post Il triste autunno del mercato della casa. Invito a leggere quell’articolo, che resta attuale e che vorrei utilizzare come base degli ulteriori elementi di riflessione che andrò ora ad aggiungere.
Contrarian investing o harakiri?
Cercavo di evidenziare, allora, due cose: l’enormità senza precedenti della bolla che si è gonfiata in questi anni nei mercati immobiliari a livello globale, e come lo scoppio del bubbone americano preluda, con ogni probabilità, a un lungo ciclo di penosa contrazione anche per i mercati della casa europei.
Il Mondo sostiene ora, con un articolo di copertina a firma di Daniela Stigliano, e un’intervista della stessa giornalista a Carlo Puri Negri, amministratore delegato e azionista di Pirelli Real Estate, che “il pessimismo generalizzato” sulle prospettive del settore immobiliare farebbe invece di questa fase il momento ideale per comprare.
“Perché – dice Stigliano – anche nell’immobiliare vale la regola prima di ogni investitore: sempre meglio anticipare il mercato. Ovvero, comprare sui timori, vendere sull’euforia. E poco importa se i timori, come l’euforia, siano davvero giustificati.”
Più che contrarian investing (una strategia che raccomanda l’acquisto nelle fasi di eccesso di panico, ma non certo quando cominciano a palesarsi dei timori giustificati), la ricetta di Stigliano sembra harakiri applicato alla finanza.
Ma stiamo alla sostanza.
Bolla o non bolla?
L’argomentazione meglio articolata del perché il pessimismo non sarebbe giustificato Il Mondo la offre in apertura dell’intervista a Puri Negri.
Domanda la giornalista: “Il mercato degli immobili in Italia vede grigio per il 2008. Lei invece sembra più ottimista.”
Risponde Puri Negri:
“Le ricerche non parlano di diminuzione dei prezzi, ma di un ulteriore rallentamento della crescita nel prossimo anno, al 2-3%, con un’inflazione in aumento. In Italia il fenomeno delle famiglie che non riescono a rimborsare le rate dei mutui sarà ben lontano dai livelli degli Usa. Negli ultimi dieci anni, inoltre, l’Italia ha avuto una rivalutazione del residenziale inferiore rispetto agli altri Paesi. Dopo la scomparsa della famiglia patriarcale, assistiamo a nuovi fenomeni come l’aumento dei single e la crescente immigrazione, inoltre esistono vincoli sugli immobili con più di 50 anni di vita, c’è una scarsità di terreni edificabili e, in definitiva, lo stock è sempre lo stesso. Con questo scenario è difficile che i prezzi calino.”
Questo è il messaggio. Ma è credibile? Quanto è valido questo elenco di ragioni?
Conflitti d’interesse
Prima di entrare nel merito, val la pena partire da una valutazione dell’affidabilità della fonte. Non conosco Puri Negri ma non ho difficoltà a immaginare che sia uno dei più abili ed esperti immobiliaristi italiani, con una conoscenza del mercato come pochi altri.
Ma può essere attendibile un’analisi che Il Mondo affida, senza contraddittorio, alle parole di un uomo d’affari che guida e ha una quota di proprietà rilevante (superiore al 2%) in una società, Pirelli RE, il cui business è comperare, gestire e vendere immobili?
“Non ci sarà il crollo”, recita il titolo dell’intervista. E’ però facile immaginare che se Puri Negri nutrisse timori di altro genere, non verrebbe certo a svelarli in pubblico. Meglio, molto meglio dare a intendere che le sorti del mattone, in Italia, non possono che essere solide, anzi “rocciose”, come suggestivamente suggerisce la copertina de Il Mondo.
Quando poi la società di Puri Negri è controllata da Pirelli & C, azionista rilevante di RCS MediaGroup (con oltre il 5%), editore de Il Mondo, siamo purtroppo in presenza del solito, inconfessato (la giornalista si guarda bene dal metterlo in luce) conflitto d’interessi che rende così poco credibile certa stampa italiana.
Un giornalista indipendente, attento agli interessi dei suoi lettori, avrebbe chiesto a Puri Negri perché, se il mercato della casa italiano è in buona salute, il titolo Pirelli RE, da qualche mese, sta collassando (ha perso quasi i due terzi del suo valore, come mostra il grafico qui sotto, tornando ai livelli del 2003):

Stigliano, invece, offrendosi come “portaparola” di un potente leader d’azienda legato alla proprietà del giornale, si è ben guardata dall’avanzare questa, o qualsiasi altra obiezione. Diventa inevitabile sospettare che Il Mondo abbia voluto o accettato di confezionare un servizio di copertina che serve gli interessi di Pirelli RE, ma danneggia quelli dei lettori.
Qualche dato sul mercato della casa
Un’ipotesi plausibile, infatti, è che, con caratteristica rapidità e accentuazione, il mercato azionario, nell’andamento del titolo Pirelli RE come di tutto il settore immobiliare italiano (vedi grafico qui sotto), stia anticipando la traiettoria che il mercato della casa, con altrettanto tipica tendenza a disegnare cicli più graduali e di lunga durata, finirà per percorrere nei prossimi anni.

Questo, dopo tutto, è quanto sta accadendo negli Usa, dove al crollo del settore dei costruttori di case (iniziato già nell’estate del 2005) è seguito quello del settore real estate e, infine, quello dei prezzi degli immobili (vedi grafico qui sotto), da tre trimestri precipitati in un ciclo di contrazione che i contratti future (come mostravo nel mio articolo di ottobre) non prevedono si arresti prima del 2010.

Sostiene Puri Negri, nella parte dell’intervista che ho riportato, che l’Italia non è l’America e che da noi le insolvenze sui mutui non raggiungeranno dimensioni altrettanto preoccupanti. E’ probabile. Il fenomeno dei mutui subprime è stato tipicamente americano. Resta però il fatto che anche da noi si è molto largheggiato con il credito immobiliare, come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi nel discorso tenuto per la giornata mondiale del risparmio a fine ottobre:
“Tipologie contrattuali simili a quelle dei mutui subprime statunitensi sono (in Italia, ndr) poco diffuse. L’attività del settore si sta però espandendo rapidamente. Tra il 2002 e il 2006 i mutui alle famiglie sono cresciuti a ritmi quasi doppi rispetto alla media europea (già estremamente elevata, ndr). Si sta innalzando il rapporto tra prestito e valore dell’immobile. […] L’incidenza delle sofferenze sui prestiti per acquisto di abitazioni, ancora bassa, inizia a mostrare segnali di deterioramento.”
C’è però un altro punto, più fondamentale, dove Puri Negri ha quasi sicuramente torto.
Sostiene l’amministratore di Pirelli RE che “negli ultimi dieci anni l’Italia ha avuto una rivalutazione del residenziale inferiore rispetto agli altri Paesi”, come a dire che da noi non solo non ci sarebbero gli eccessi nel credito ma neppure nelle valutazioni. Parlare di bolla, o anche di sopravvalutazione degli immobili, sembrerebbe insomma ingiustificato.
Le cose, però, non stanno così.
Misurare e confrontare l’evoluzione dei mercati immobiliari è stato, storicamente, un gran grattacapo, per la scarsa liquidità del settore e le sue molte atipicità, da zona a zona e da paese a paese.
Uno dei primi a cogliere il problema e a impegnarsi nello sviluppo di indici paese credibili e comparabili è stato il settimanale inglese The Economist, che anche grazie alla bontà degli sforzi profusi in questo progetto fu poi in grado, già nel 2003, di denunciare il gonfiarsi di una bolla immobiliare di dimensioni mai viste prima.
Da allora in poi The Economist ha monitorato, con regolarità e autorevolezza, l’evoluzione dei mercati della casa a livello globale. L’ultimo aggiornamento è stato pubblicato a dicembre, in un articolo titolato Run down (un’espressione, com’è spesso il caso nei titoli dell’Economist, un po’ maliziosa che si presta a una doppia lettura: “in sfacelo” o “corsa al ribasso”).
Cosa dice l’articolo?
In sostanza, che i mercati si stanno muovendo, in questo dopo bolla, in tre scaglioni.
A fare da guida, ci sono gli Stati Uniti, dove i prezzi sono da 23 mesi in decelerazione e da 10 mesi in un calo che va accelerando: a ottobre, ultimo dato disponibile dell’indice S&P/Case-Shiller, che riportavo sopra, si è avuta la più marcata flessione mensile nella storia dell’indice, per un tasso di variazione annuo che ha raggiunto il -6,7%.
Ci sono poi i mercati europei, dove da qualche mese è evidente che si è superato un punto di svolta: in Francia, Spagna, Italia i tassi di crescita stanno raffreddandosi, mentre in Germania, mossasi a lungo in controtendenza, si è passati dalla stagnazione al declino.
In Gran Bretagna, da tre mesi, i prezzi sono in calo e particolarmente preoccupante appare la rapidità del mutamento di clima nel settore degli immobili commerciali (vedi su questo punto, anche un altro articolo dell’Economist, Dominoes on the skyline).
Dopo un aumento medio del 17% nel 2006, i prezzi del comparto commerciale hanno fatto un improvviso dietrofront e solo a novembre (ultimo dato disponibile) sono scesi del 4% (il maggiore calo mensile mai registrato), portando la flessione da luglio in poi al 9%. I contratti future stimano un crollo senza precedenti del 30% nei prossimi tre anni.
Appare insomma confermata la storica tendenza, che descrivevo nel mio articolo di ottobre, per cui i mercati immobiliari europei tendono a seguire quelli americani con uno, al massimo due anni di ritardo.
Terzo scaglione, per ora all’apparenza indisturbato da quanto accade nei paesi occidentali, è quello dei mercati emergenti, dove i prezzi delle case sono ancora, per lo più, in febbrile ascesa.
Questa è la tabella riassuntiva pubblicata da The Economist, con la più recente variazione annua nella prima colonna, la variazione dell’anno precedente nella seconda colonna, e la crescita fatta segnare nell’ultimo decennio nella terza colonna.

Una scorsa ai dati decennali potrebbe far pensare che Puri Negri, dopo tutto, non si sbaglia di molto. La variazione cumulativa dei prezzi degli immobili italiani (+102%), per quanto molto elevata in termini assoluti, risulta nella parte bassa della classifica, superata sia dagli Stati Uniti che da molti paesi europei. Ma un’interpretazione così semplicistica sarebbe fuorviante. L’andamento del prezzo delle case, per essere valutato nella sua sostenibilità, va confrontato con altre variabili rappresentative delle condizioni del mercato e dell’economia nel suo complesso.
Come si fa per i mercati azionari, dove i prezzi sono messi in relazione agli utili, e gli utili vengono normalizzati in base al ciclo (procedura che ho più volte illustrato in questo blog, da ultimo nel post I multipli di Borsa restano elevati), i prezzi nel mercato della casa vengono di solito valutati in rapporto agli affitti e, soprattutto, al reddito disponibile.
Si tratta dei due ratio (con i loro tassi di crescita 1997-2006) riportati dal Fondo Monetario Internazionale nella seguente tabella, pubblicata nell’ultimo World Economic Outlook:

L’aumento medio del rapporto prezzi/reddito disponibile superiore a un terzo è definito dal FMI, con preoccupazione, come “molto elevato” (nel cauto linguaggio del Fondo, si tratta di quanto più prossimo ci possa essere all’uso del termine “bolla speculativa”). Risulta chiaro dalla tabella come per l’Italia tale incremento sia stato superiore alla media, superiore a quello degli Stati Uniti, e vicino al 50%.
Mentre molte altre economie vedevano crescere Pil e redditi a tassi sostenuti, e questo, in parte, contribuiva ad alimentare la fiammata dei prezzi delle case, da noi si è avuta una sostanziale stagnazione – una condizione di contesto che fa emergere con maggiore chiarezza la natura speculativa della frenetica corsa al rialzo del nostro settore immobiliare.
Se quasi nessuno mette ormai in dubbio che il mercato della casa americano abbia attraversato un periodo di bolla senza precedenti, che si sta ora sgonfiando con gravi ripercussioni sull’economia nel suo complesso, in un processo che i mercati a termine non prevedono tocchi il fondo prima di un altro biennio, non si capisce su quali basi si possano costruire scenari radicalmente diversi per l’Italia.
Certamente non con gli argomenti accessori utilizzati da Puri Negri.
L’aumento dei single è un fenomeno in corso da decenni e ormai maturo, se si considera che l’Istat rileva come più di un quarto dei nuclei familiari italiani sia fatto di persone sole e oltre la metà di non più di due persone.
La crescente immigrazione, poi, c’è da noi come in altri paesi occidentali, con la differenza che in Italia è l’unico sostegno a una dinamica demografica che resta tra le più depresse del mondo.
“E’ difficile che i prezzi calino”, dice Puri Negri. “E’ l’ora di comprare”, rincara Il Mondo. Se si sta ai fatti e ci si sforza di ragionare con obiettività, appaiono valutazioni su cui sarebbe azzardato scommettere anche solo un soldo bucato.
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