Corsi e ricorsi di una noiosa crisi politica
Stamani ho aperto i giornali e un aforisma di Ennio Flaiano mi è balenato nella mente, venendomi in soccorso: “Certi vizi sono più noiosi della stessa virtù. Soltanto per questo la virtù spesso trionfa”. Chissà, mi sono detto, forse per noia l’Italia alla fine ce la farà a uscire dalla palude in cui la politica l’ha sospinta.
Su La Repubblica campeggiava questo titolo: “Berlusconi: al voto o in piazza”.
“Eccoci tornati al 1995,” ho pensato, quando Bill Clinton e Boris Yeltsin erano nella fase ascendente della loro parabola presidenziale, l’Inghilterra viveva nel cono d’ombra dell’era Thatcher e l’età di Blair non era nemmeno iniziata, e in Italia Berlusconi già riempiva le cronache con i suoi piagnistei per il tradimento di Dini e il “ribaltone.”
All’interno, un’intervista a tutta pagina col settantaseienne Nicola Mancino alimentava il senso di trito déjà vu: “Non è il ’92, ma per la politica è emergenza”.
Tra uno sbadiglio e un dubbio (“si riferisce anche lui al secolo scorso?”) sono passato al Corriere della Sera.
Qui un’intervista all’ottantaduenne Don Baget Bozzo spiegava, da destra, che il modello politico francese non è applicabile all’Italia; e un’altra intervista all’ottantacinquenne regista Carlo Lizzani chiariva, da sinistra, che “la sinistra continua a farsi del male.”
“Grazie, non me n’ero accorto,” ho biascicato, voltando svogliatamente pagina.
Sono così incappato in uno “scenario” del collega Francesco Verderami, in cui si raccontava che “la soluzione (alla crisi) è un esecutivo a termine che vari solo la riforma elettorale e porti il Paese alle urne in giugno.”
“Questa è nuova,” ho chiosato. E’ dal 1993 che si fanno e si disfano riforme elettorali.
E chi sarebbe il traghettatore? L’ottantaduenne Presidente Napolitano sembrerebbe intenzionato a puntare sul quasi settantacinquenne Franco Marini (nella foto in alto).
Ho ricordato i giorni dell’incarico ad Antonio Maccanico, nel febbraio 1996, quando noi reporter, per tastare il polso alla crisi, andavamo ad aspettarlo sotto casa, dopo la pennichella pomeridiana. Maccanico fallì. Ma di anni, allora, ne aveva solo 71. Forse scontò la giovane età e un pizzico d’inesperienza.
“Con Marini la noia sarà assicurata,” mi sono detto rinfrancato, riandando con la mente a Flaiano. E oppressa dalla noia, la gente deciderà forse che ne ha abbastanza, che è ora di tornare a vivere.
Millenovecentonovantadue, millenovecentonovantatre, millenovecentonovantaquattro, millenovecentonovantacinque, millenovecentonovantasei…
Altra epoca: non ero sposato, i miei figli non c’erano ancora, l’Internet pubblica cominciava a muovere i primi passi ed era lungi dal nascere Google, che ha poi rivoluzionato il mio modo di lavorare.
Per la politica italiana siamo però ancora lì: sospesi in una bolla fuori dal tempo, lontani dalla storia.
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