Rendimento atteso delle azioni: come stimarlo
Nel post Valutazioni azionarie e rendimenti attesi avevo cercato, qualche settimana fa, di spiegare perché dei mercati azionari sottovalutati sono un’opportunità. Avevo mostrato la tendenza dei multipli valutativi a regredire, nel lungo periodo, verso il loro livello medio e la tendenza degli utili a crescere, nel lungo periodo, a tassi sorprendentemente stabili.
Dalla combinazione di queste due “costanti” nella storia delle Borse era facile derivare la conclusione: valutazioni di mercato inferiori alla media (come le attuali) preludono a cicli caratterizzati da rendimenti delle azioni superiori alla media.
Il mio ragionamento era, spero, sufficientemente chiaro e supportato da dati. Mancava, però, per così dire, la prova regina, o, come direbbero gli anglosassoni, la “pistola fumante”: l’esatto calcolo di quali siano stati i rendimenti medi che hanno fatto seguito, in un certo arco temporale, a vari livelli di valutazione del mercato.
Questa analisi dei dati storici, riassunta in un semplice grafico più eloquente di tante parole, l’ho ora trovata nell’ottimo blog di Prieur du Plessis, Investment Postcards from Cape Town.
Il grafico illustra, sulla base di un’analisi dello stesso Prieur du Plessis, quali sono stati i rendimenti reali medi decennali dell’indice S&P 500, tra il 1871 e il 2008, a partire da diversi livelli valutativi. Utilizzando come multiplo di riferimento il Cape (Cyclically-Adjusted P/E) di Robert Shiller – un P/E normalizzato che smussa le fluttuazioni del ciclo economico impiegando a denominatore la media decennale degli utili – Prieur du Plessis ha raggruppato la serie delle valutazioni storiche del mercato in quintili, con P/E medi di 8,5 volte, 12,0 volte, 15,1 volte, 17,7 volte e 22,6 volte. E’ andato poi a verificare, per ogni quintile, i rendimenti che il mercato ha realizzato nei 10 anni successivi e ne ha calcolato la media.
Il risultato è quello evidenziato: una notevole correlazione inversa per cui i rendimenti aumentano al diminuire delle valutazioni. P/E medi di 8,5 volte hanno prodotto rendimenti medi annui decennali dell’11% (in termini reali, dunque al netto del tasso d’inflazione); P/E medi di 12,0 volte hanno portato a rendimenti medi annui dell’8,1%; P/E medi di 15,1 volte a rendimenti del 6,0%; P/E medi di 17,7 volte a rendimenti del 5,7% e infine P/E medi di 22,6 volte a rendimenti medi del 3,1%.
Questo studio, nella sua essenzialità, meriterebbe di essere memorizzato da tanti piccoli investitori (e non solo loro!), la cui tendenza è ad affacciarsi in Borsa quando splende il sole, l’ottimismo è alle stelle e tutti raccomandano di investire in listini ormai sovraffollati e sopravvalutati. Tra il 1999 e il 2000, quando molti italiani fecero il loro debutto nell’investimento azionario, il mercato americano veleggiava attorno a P/E (misurati in base al CAPE) di circa 45 volte e quello europeo era in uno stato di bolla analogo.
Ad ammonire delle pessime prospettive dell’investimento azionario erano allora rimasti solo pochi value investor memori delle lezioni della storia. Tra loro c’era, ad esempio, il gruppo GMO di Jeremy Grantham (nella foto in alto), che a metà del 2000 – come si può verificare qui – pubblicava stime decennali dei rendimenti attesi negative del 2% annuo per il mercato Usa e prossime allo zero per gli altri mercati azionari dei paesi avanzati. Il decennio non è del tutto trascorso, ma già si può dire che quelle stime erano nella sostanza affidabili e che la storia, su cui erano fondate, si è a grandi linee ripetuta.
Quegli stessi value investor, come riferivo in Valutazioni azionarie e rendimenti attesi, ora si aspettano nel prossimo decennio rendimenti azionari superiori alla media. La loro metodologia non è cambiata. E non c’è segno che siano cambiate le dinamiche di fondo in base a cui operano investitori, mercati e l’economia globale.
Ampiamente sottovalutate ai primi di marzo, le Borse sono rimbalzate con impeto nelle ultime settimane. In base al CAPE, l’S&P 500 – dopo essere sceso poco sotto un multiplo di 12 volte – è risalito in questi giorni attorno a un multiplo di 14 volte, portandosi dunque su livelli di moderata sottovalutazione rispetto a un multiplo medio di lungo periodo tra le 15 e 16 volte. Più accentuata resta la sottovalutazione tanto dei mercati europei che degli altri mercati avanzati e, soprattutto, dei mercati emergenti.
Dottor Bertoncello,
avrei una domanda da porle.
Quali sarebbero i mercati emergenti più sottovalutati e quelli che lo sono relativamente meno? E di quanto, più o meno, lo sono rispetto ai nostri mercati?
Quello che mi interessa capire è se questa sottovalutazione dipende, come credo, dall’eccessiva mobilità dei capitali, che tendono a premiare certi paesi piuttosto che altri in base a tutta una serie di ragioni complesse da riassumere.
Paradossalmente, se i mercati fossero effettivamente razionali come si dice, tutte le piazze borsistiche dovrebbero essere sopravvalutate o sottovalutate allo stesso modo. Ma a quanto pare non è così.
@ BRUNO:
dal tuo ultimo intervento, post precedente:
“Lo scopo dell’investitore è (dovrebbe) essere la massimizzazione dei rendimenti e questo lo si raggiunge sopratutto – se non esclusivamente -mettendo a punto tecnihe matematiche in grado di battere sistematicamente i mercati.”
Tra qualche anno ripenserai con amarezza a quando inseguivi una simile illusione. Deridi, e giustamente, chi aspetta solo il momento buono per investire il 100% del tuo capitale, ma lasci trasparire di credere anche tu nella soluzione finale. Fare un backtest monstre su una serie di dati anche molto lunga è facilissimo, chiunque può spuntare facilmente performance passate costantemente in tripla cifra percentuale annua (sia con criteri chartistici che fondamentali), quello che conta è capire che se ci si affida ad un simile approccio bisogna come minimo diversificare fra più strategie poco correlate fra loro. Io ritengo che il 99% del successo di un investitore sia dovuto alle regole di position sizing e di money management e concordo nel giudicare flatus vocis la gran parte delle discussioni previsionali sui mercati, ciononostante penso che uno speculatore dovrebbe inserire nel proprio sitema di trading dei parametri di buon senso per non soffrire della eccessiva irrazionalità del suo sistema. Il value investor è avvantaggiato perchè, dando per buono che segua rigide regole di position sizing e money management, sa che le sue scelte non sono meccaniche ma razionali, basate cioè sulle performance passate propiziate da determinate caratteristiche di bilancio che, rispetto agli indicatori tecnici, hanno il vantaggio di presentare solide basi di senso.
Non va bene dire: quello che conta è la performance, è semplicistico. L’approccio chartistico si basa sulla speranza di veder concordare la lunghezza d’onda dei propri indicatori con quella dei prezzi così come la si è backtestata, ovvero è una invocazione alla dea bendata. L’approccio value si basa nella credenza che la roba buona sottovalutata si rivaluti così come ha sempre fatto in passato. Sia che perda o che guadagni il primo non saprà, di fatto, perchè ciò sta accadendo, il secondo sì.
Sul tuo money management, il 5% del capitale in ogni singola operazione dettata da un solo sistema, è davvero azzardato. Se imbocchi un lungo periodo di loss (non crederai di avere trovato un sistema che ne è immune?) perdi un sacco di soldi. Perchè non provi cinque sistemi diversi su cinque sottostanti diversi (tutti vincenti in backtest) cui destinare un 1% del capitale l’uno?
Non c’è bisogno di dire che se operi in leva, come fanno quasi tutti i chartisti, è imprudente affidarsi agli stop loss come paletti della massima perdita possibile nella singola operazione, un cigno nero potrebbe scavalcarli con un battito d’ali.
Scusa il tono paternalistico, ma era per approfondire un po’.
Di nuovo un articolo interessante, che però ci aiuta a capire anche altre cose, a mio avviso:
– il mercato è attualmente ancora sopravvalutato
– i “value investors” vincono a patto che il mercato nel lungo periodo torni a salire. Se questo non accade (Giappone docet), si prendono anche loro il proprio bagno di sangue, sebbene in misura inferiore al sucker di turno che è entrato all’apice della bolla speculativa
Critiche sono ovviamente ben accette come sempre, soprattutto da parte del carissimo dott. Bertoncello, che colgo l’occasione per salutare e ringraziare per gli spunti di riflessione che ci fornisce giorno per giorno.
Gentile Fabris (3),
ringrazio lei per gli spunti interessanti che offre con i suoi commenti.
Non so se i value investors abbiano fatto “bagni di sangue” in Giappone. Quello che so, però, è che la bolla del Nikkei è stata molto più pronunciata di quella americana (ed europea) dei titoli TMT, culminata nel 2000.
Lo mostravo anche in un grafico, tratto dal blog di Martin Wolf, nel post “Il Giappone del decennio perduto e la crisi del 2009”
http://investitoreaccorto.investireoggi.it/il-giappone-del-decennio-perduto-e-la-crisi-del-2009.html
I due decenni impiegati dal Nikkei a raggiungere livelli nuovamente attraenti sono in primo luogo una funzione delle eccezionali dimensioni raggiunte da quella bolla. Nulla, insomma, di cui un value investor possa stupirsi. Nè, ritengo, un modello a cui guardare per cercare di intuire cosa ora ci aspetti.
Cordiali saluti,
Giuseppe B.
Non derido nessuno, non ho trovato la soluzione finale e quello che dici non fa una grinza. Lo scopo dei miei interventi è sempre stata quella di catalizzare l’attenzione su aspetti trascurati nell’investimento. Non esasperazione del controllo del rischio di portafoglio, ne operazioni short o a leva, ma di qualcosa un pochino più semplice e alla portata di chiunque. Quando leggo che alcuni gentili partecipanti a questo blog hanno accumulato perdite del 50/60% dal giugno 2007 è evidente che un errore l’hanno commesso. Inoltre prima di cimentasi ad investire con il sistema prescelto credo sia opportuno confrontare i propri risultati con quelli che si sarebbero ottenuti scegliendo di un ottimo fondo comune di investimento. Per esempio il fondo Carmignac Patrimoine che è un bilanciato semi-flessibile globale dalla nascita nel 1989 ad oggi ha accumulato una performance – STABILE – di tutto rispetto pari ad un rendimento composto annuo del 9% che potrebbe sembrare deludente se non fosse che può investire al massimo il 50% dell’attivo in azioni. Questo eccellente prodotto dal giugno del 2007 ad oggi è in gain di circa il 13% lordo; dal marzo 2000, inizio del primo crollo del millennio, accusa una performance del 85% lordo; dalla nascita – 20 anni – la performance èdel 482% lorda. Se uno riesce a far meglio allora va bene che usi il suo sistema, altrimenti tanto vale sottoscrivere un “gioiello” simile. O no?…
Saluti
Il post 5 era in riaposta JacoBel (2)
@BRUNO:
grazie della risposta. Sono d’accordo quando dici che un sistema semplice con un buono storico (reale o virtuale che sia, tecnico o fondamentale) è consigliabile per chi si complica troppo la vita, e il piccolo libro di Greenblatt è d’accordo con noi (!), ribadisco però che differenziare tra differenti sistemi può essere un buon modo per non patire i ciclici periodi di loss di uno solo, o di non soccombere con esso se è il caso. Vorrei anche ripetere, e a questo proposito mi piacerebbe sapere qual è il parere del dott. Bertoncello, che a mio avviso il quanto investire è un aspetto dell’investimento borsistico più importante del cosa e del quando. Cosa e quando sono aspetti circa i quali la bontà di una scelta sarà valutabile solamente ex post e dipenderà, c’è poco da fare, anche dal caso (soprattutto nel caso del quando). Il quanto è, al contrario, un aspetto davvero completamente in mano all’investitore.
Naturalmente per potersi permettere money management e position sizing realmente efficaci nell’abbattimento del rischio occorre che ciascuno faccia bene i conti e approcci strumenti e time frame che può gestire con relativa sicurezza.
Mi scuso per le ovvietà.
Bruno (3), sono (clamorosamente 🙂 ) d’accordo con te; qui però si apre un altro discorso, certo non collegato all’articolo di cui questo thread: dove e con cosa investire ?
Bertoncello ha riportato diverse volte e ribadito recentemente che tutto quanto espone nei suoi articoli non può prescindere da un’allocazione globale, fatta di acquisti e vendite che non possono e non devono limitarsi allo S&PMIB, anzi.
Chi ha la capacità, il tempo e la possibilità di applicare strategie d’investimento ai mercati globali, acquisti azioni nella misura che ritiene, ma le acquisti su “tutti” i mercati; questa metodologia non è da tutti.
Chi non può, non deve, secondo me, commettere l’errore di considerare Piazza Affari come il mondo, pensare che quanto fattibile con azioni di tutto le piazze finanziarie sia replicabile nel micromondo nostrano.
Faccia come suggerisci tu, applichi la sua strategia utilizzando strumenti come fondi ETF ed ETC e certificati. Ormai con questi strumenti si può veramente fare di tutto, si può andar lunghi, corti, a leva lunghi, a leva corti, protetti, su azioni, obbligazioni, materie prime, cambi.
… Bruno (5) era.
E allora la nuova “sfida” potrebbe essere quella di mettere come benchmark il fondo Carmignac Patrimoine e vedere se qualcuno riesce a batterlo in relazione al rischio corso. A questo punto sono curioso di sapere dal Dott. Bertoncello se lui – come value investore – è riuscito nell’impresa, anche se nel post (9) de ” INDICATORI LEADING, QUALCHE SEGNALE INCORAGGIANTE” ha sostanzialmente rispossto a questa mia curiosità ovvero che che fino ad una settimana fa era sostanzialmente in pareggio deopo aver accumulato centrando fortunatamente tre minimi recenti dei mercati azionari.Trovo interessante questo confronto per sverniciare un pochino le emozioni e passare ai fatti. Intanto per la cronaca (facilmente verificabile sul sito) il fondo in questione dal 30 ottobre 2008 ad oggi è in gain dell’11% lordo. Meditiamo gentili partecipanti meditiamo tutti… forse stiamo facendo tanta fatica per nulla, o troppa non necessaria?
Saluti
@ Bruno: concordo con te sul fatto che il fondo Carmignac abbia ottenuto risultati di tutto rispetto, anzi mi correggo, direi eccezionali: dal 2001 ad oggi ha reso il 70% c.a. contro un -20% c.a. dell’indice Fideuram dei fondi bilanciati (per quello che vale il confronto con la media ponderata dei fondi comuni italiani della categoria).
A questo link http://www.sosrisparmiatore.it/index.php?option=com_content&view=article&id=216 potete vedere il grafico di confronto e la scheda del prodotto.
Ma metterei in guardia gli investitori dal buttarsi in un solo prodotto, non solo per chiari motivi di diversificazione, ma anche perché, come è stato scritto anche dal Dott. Bertoncello citando Taleb, le performance passate di un gestore potrebbero essere frutto del caso (che premia pochi gestori nell’universo dei fondi). Ho visto parecchi fondi che, dopo anni di eccellenza gestionale, decadono come stelle cadenti…certo che, nel caso specifico, anche le performance degli altri fondi della casa depongono a favore del gestore.
Michele
I sensazionali risultati del citato Fondo Carmignac sono inquietanti, nel senso che nel panorama dei risultati ottenuti dai gestori Europei sembrano pericolosamente affini a quelli ottenuti da Madoff. Ricordo anche un Fondo San Paolo Azioni Italia che per anni sovraperformava tutti quanti e poi abbiamo scoperto il perchè…..ovviamente si tratta solo di banali analogie sicuramente prive di alcun fondamento.
Il fondo Carmignac Patrimoine fa gestione attiva e ha guadagnato da ottobre 2008 perchè ha molto investito su aziende aurifere.Vorrei chiedere al Dr. Bertoncello quali prospettive vede nell’oro e se nella sua assett allocation personale che peso percentuale ha dato in questo momento ad azioni o etf collegati con le materie prime?Grazie fin d’ora.
Scusa, Francesco, non conosco la storia del Fondo di cui parli.
C’era del marcio?
San Siro
dirottava le perdite su un altro fondo….
Bruno (10)
francamente non penso che stare a dimostrare di essere più o meno bravi del signor Carmignac sia l’obiettivo di questo blog.
Io sono stato meno bravo.
Sono meno bravo di diversi bravi gestori e affido quindi parte dei miei investimenti a loro… faccio anche un altro mestiere… così, questo per curiosità.
MarcoDC (16)
Confermo che (con te in particolare) ho problemi di comunicazione… infatti non capisco la tua risposta. Nessuno deve dimostrare niente a nessun altro. Il senso del mio intervento era appunto quello di sverniciare false convinzioni.
Trovo un non senso impazzirsi a provare ad essere un value investor o un trend follower se poi con il fondo Carmignac Patrimoine ottengo rendimenti maggiori con rischi minori. Non posso far finta che questo fondo non esiste. Devo confrontarmi con una realtà oggettiva e ho “l’obbligo” di misurarmi con uno strumento gestito magistralmente. Se non accettiamo questa realtà vuol dire che stiamo trovando una giustificazione mentale che ci permetta di accettare la nostra “condizione”.
Saluti
Che dire, allora mettiamo i soldi in questo fondo Carmignac. Può dirmi come si fa? Si può fare tramite una banca o bisogna seguire altre strade?
Salve Dott. Bertoncello,
vorrei farle prima di tutto i complimenti per il suo blog che ormai seguo da quasi 2 anni e che considero il miglior sito di informazione finanziaria.
Le invio il link a questo video della cnbc, perchè vorrei un suo commento al riguardo.
Grazie mille per tutto il lavoro che sta facendo.
Cordiali saluti,
Enrico
http://wereallfullofbull.blogspot.com/2009/03/must-watch.html#links
Per Alex27
Scusa ma la informazione che cerchi è facilmente reperibile su internet.. Comunque la mia citazione del fondo non era ai fini promozionali ma – ripeto – una sorta di richiamo alla realtà. Spesso crediamo che la nostra strategia di gestione sia la migliore possibile fino a quando qualcuno non ci dimostra il contrario.
Saluti
Scusate, io sono riuscito a fare mooolto meglio del fondo Carmignac, ma – a parte il mio caso – sarebbe mooolto meglio per ls stragrande maggioranza di voialtri fare come dice Warren Buffett (index funds) o, al massimo, come Bertoncello. Lasciate stare, la stragrande maggioranza delle persone che “giocano in borsa” (e veramente lo fanno, anche senza rendersene conto) dovrebbero investire in titoli di stato (non italiani, ovvio) e basta. Non avete la “predisposizione genetica”, il carattere/personalita’, ne’ le conoscenze per uscire dal territorio del reddito fisso. Solo un’esigua minoranza (della quale faccio parte)si puo’ dedicare all’investimento azionario ed una ancora piu’ piccola al trading. Warren Buffett e’ la dimostrazione vivente che ci si puo’ arricchire investendo in azioni, ma questo vale per lui, me e pochi altri. Se non siete gia’ tra di noi, esigua minoranza, chiedetevi il perche’ e, una voltea scoperto il perche’, lasciate perdere.
Potete cominciare continuando a leggere e capire a fondo i post del blog di Bertoncello e mentre ci siete l’ultima newsletter di John Mauldin, che riporta, in parte, un’ultimo studio di Rob Arnott (Research Affiliates)
Per Pier
Da come parli dubito che hai fatto mooolto meglio del fondo Carmignac Patrimoine. Ma se così fosse puoi tranquillamente svelare i tuoi segreti di gestione tanto la personalità/carattere e predisposizione genetica per imitarti sicuramente io non ce l’ho..
🙂
“predisposizione genetica”, colpiti! take it with a grain of salt! solo intendevo riassumere in una parola un concetto bene espresso da Buffett in passato:
“Certain perils that lurk in investment strategies cannot be spotted by use of the models commonly employed today by financial institutions. Temperament is also important. Independent thinking, emotional stability, and a keen understanding of both human and institutional behavior is vital to long-term investment success” — Warren Buffett (2006 Chairman’s Letter)
Altra precisazione: dopo aver letto Il pezzo di John Mauldin relativo all’analisi di Arnott, potrete accorgervi dell’ottimo lavoro che sta facendo Bertoncello.
BRUNO,
Per quanto riguarda il “segreto” (termine piu’ fuori luogo di “predisposizione genetica”), come ha gia’ scritto Bertoncello: questo e’ un blog E non e’ un servizio di consulenza.
Saluti!
Per Pier
Guarda che non ti ho chiesto una consulenza… leggi bene prima di rispondere.
🙂
Nell’articolo che segue potete trovare dati importanti in merito ad una delle cause reali della crisi in atto
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/distribuzione-del-reddito-e-diseguaglianza-l-italia-e-gli-altri/
Gentile dott. Bertoncello, avrei il piacere che lei desse il suo parere su almeno uno dei seguenti quesiti.
L’America, a mio avviso, è sostanzialmente insolvente nel suo complesso. Versa in una situazione generale di “negative equity”. I parallelismi con il Ponzi Scheme di Madoff sono notevoli. L’illusione del benessere illimitato, creato a suon di pezzi di carta e moneta gratis, può durare finchè i finanziatori dello schema(Giapponesi, Russi, Cinesi da ultimi) sono disposti a salire sulla giostra e comprare quote di illusione a suon di cash. Cosa accadrà quando costoro vorranno “riscattare le proprie quote” impauriti da “un Re che dimostra di esser sempre più nudo” e che di importare non ne vuol più sapere?
Obama sta puntando molto sull’aspetto mediatico e psicologico, forse l’unica leva su cui può forse ancora contare.
Sta cercando inoltre di “risolvere” l’insolvenza sistemica attraverso la creazione di ulteriore debito (pubblico in primis) e leva finanziaria (vedasi il piano di Geithner). Insomma, agli eccessi e squilibri si risponde con nuovi eccessi e squilibri.
La scommessa è che i toxic assets riprendano nel tempo valore e liquidità soprattutto.
E se ciò non dovesse accadere? Come farà la FED ad evitare iperinflazione quando sarà necessario “rivendere” al mercato la carta straccia che sta ora rastrellando a suon di cash “buono”? Come farà ad evitare che il dollaro collassi? Come farà ad evitare che il blocco dei “finanziatori dell’illusione” non venga preso da “panic selling” e decreti la nudità assoluta del Re? Come si potrà evitare un conflitto mondiale quale esito finale di tutto questo meccanismo perverso?
Fabris (29)
leggevo in un tuo precedente post qualcosa del tipo “io di natura sono ottimista”… ustia ! 🙂
Gent.le dott. Bertoncello,
leggo da tempo con interesse il suo blog, che trovo corretto nella ricerca dell’evidenza, attento a indicare senza condizionare il giudizio ed evitando, comunque, neutralità di comodo. Da non competente, mi sono dedicato a letture abbastanza semplici come “Investire in Borsa” edito da Altroconsumo e “Il piccolo libro che batte il mercato azionario” di J. Greenblatt. Non vorrei importunarla con quesiti banali, ma nella veste di investitore sprovveduto mi permetto, se avrà mai il tempo di rispondermi, di porle due problemi:
1. Ho provato a testare le formule di Greenblatt prendendo i dati di bilancio da Reuters delle prime aziende americane nella classifica del sito FormulaVincente (p.es. Vaalco Energy, Pain Therapeutics, QLT) e raramente ottengo gli stessi risultati sia per il rapporto utili/prezzo [EBIT/,Capitalizzazione + Posizione finanziaria netta (= Cash and short term Investments + Total debt)], che per la redditività sul capitale. In particolare quest’ultima è sempre molto più bassa (peraltro vicina al ROA riportato da Reuters stessa o da altri siti finanziari). Per calcolarla al numeratore utilizzo l’EBIT e al denominatore la somma delle immobilizzazioni materiali e del capitale circolante netto, che calcolo nel modo seguente: total current assets – total current liabilities, oppure total equity + total non current liabilities – total non current assets. Dove sta l’errore? Forse dovrei utilizzare in entrambe le formule un EBIT normalizzato (che io calcolo togliendo all’EBITDA ammortamenti e deprezzamento) come sembra suggerito in un suo post? Anche così, però, i conti non tornano e i risultati non sono in accordo con FormulaVincente.
2. In un altro suo post anche lei consiglia di utilizzare come strumento di investimento azionario gli ETF scegliendoli fra quelli meno sofisticati e più liquidi e distribuendoli in un paniere che contenga nella giusta proporzione titoli di differenti aree geografiche e small e large caps. Dove trovare per l’acquisto suggerimenti corretti e comprensibili a un non-addetto? Quale algoritmo seguire per decidere di vendere?
Le domande che le pongo sono strettamente correlate: se individuata una strategia di investimento non si hanno a disposizione fonti più che affidabili di informazione o strumenti semplici per testarne la veridicità prima di utilizzarle, l’unica alternativa è affidarsi alla professionalità di altri.
Cordiali saluti.
per Fabris (29)
Io credo che quanto tu asserisci non si possa a priori escludere.
E nella storia è già capitato: non sarebbe la prima volta che gli squilibri si risolvono in guerre. Non diciamo nulla di nuovo, tutt’altro.
Ma è solo una delle infinite possibilità.
Credo però che per semplice speculazione teorica la possibilità estrema sia quella che ha meno probabilità di verificarsi.
Nelle nostre speculazioni sul futuro forse trascuriamo un po’ la componente umana, nel senso che le teorie sono sì affascinanti, ma c’è poi una componente molto forte di nuove, sino a poco prima impensate idee, e anche di caso.
Intanto mi sembra già molto che non saltino fuori nuove “disgrazie”.
Vedremo… per il momento mi par di vedere più persone “rassegnate” nei blog di discussione che negli imprenditori con cui mi confronto.
Ma io giuro che, se mi dovessi affidare a qualcuno per salvarmi da un incendio, sceglierei l’imprenditore e non l’intellettuale.
Fabris (29)
se vogliamo fare un discorso serio, aldifuori dalla mia facezia sul tuo “ottimismo” che con molta abilità avevi evidenziato per amplificare ulteriormente il tuo scenario negativo, non posso che ripartire da quanto scrive Valter, riprendendo alcune tue domande.
Mi permetto questo nonostante tu avessi chiesto il parere al Dott. Bertoncello e per questo motivo non mi ero voluto “intromettere”.
Dal mio punto di vista il tuo scenario non è impossibile. In un precednte post però nel commentare la tua visione di bear market rally ti avevo chiesto quale mai potessero invece essere le variabili che ti avrebbero portato a una visione diversa. La domanda, forse all’apparenza banale, contiene una concezione per me basilare della valenza di ogni opinione: bisogna sempre chiedersi quali elementi potrebbero invalidarla.
Se nella vita questo non è sempre necessario (si vivrebbe in una sorta di incubo), nella finanza per me sì.
Non mi avevi risposto e da questo tuo ulteriore messaggio mi sembra di percepire che tu non veda altro scenario che quello di un conflitto mondiale seguente un crisi finanziaria globale.
Ti ripeto che, ligio alla mia convinzione sul valore del dubbio, questo è uno scenario possibile ma…
“finanziatori dello schema (Giapponesi, Russi, Cinesi da ultimi) sono disposti a salire sulla giostra e comprare quote di illusione a suon di cash”: fino a quando riterranno che gli USA possano rimanere comunque un’economia più “pesante” della loro. Ritieni che la Russia e la Cina possano ambire a una crescita senza gli USA ?
“Cosa accadrà quando costoro vorranno “riscattare le proprie quote” impauriti da “un Re che dimostra di esser sempre più nudo” e che di importare non ne vuol più sapere?”. Gli stati non sono come gli investitori privati, specialmente se la controparte sono gli USA. Quale vantaggio potrebbero avere nello scatenare una bufera economico-finanziaria globale ? Un conto è mandare in default l’Argentina o la Lituania, un conto gli USA.
“Come farà ad evitare che il dollaro collassi?” Come farà a evitare alta inflazione mi sembra più adeguato. Ora, oggi, ieri, quando le borse scendono il dollaro guadagna, ci sarà un motivo. Il motivo è che almeno per ora il mondo si fida degli USA e il “mondo” ha più informazioni di quante ne possiamo avere noi.
“Come si potrà evitare un conflitto mondiale quale esito finale di tutto questo meccanismo perverso?” Un conflitto mondiale non lo si evita se gli attori non lo vogliono evitare. Al momento, francamente, mi sembra che la direzione sia esattamente quella opposta. Il G20 sta a dimostrare che non ci sono questi prsupposti.
O forse lo spero.
Ciao
Vi dico solo di guardare il trend dell’oro: è impostato al rialzo di lungo termine. Per me significa tramonto del dollaro e dell’America. Il mercato ha già pronunciato il suo verdetto. Il mercato sta rigettando la carta, straccia, per il metallo. Che valore può avere una moneta, a corso forzoso, emessa a tonnellate per tappare le falle di un’economia di carta? Gli USA sono un’economia di carta, fra poco carta straccia. L’economia reale è altrove. E’ in periferia. E la periferia sta prendendo consapevolezza della propria forza. E inizia a soffrire il dominio degli “uomini della carta straccia”. Io non vedo nelle banche centrali le salvatrici del mondo, ma piuttosto coloro che hanno creato questo mostro che rischia davvero di trascinare tutto e tutti nel baratro. Anzichè favorire il risparmio e l’accumulazione del capitale, utile per ripagare il debito e per fare gli investimenti, la FED sta incrementando, con la sua politica, la leva sistemica e inonda il mondo della carta con altra carta, creata dal nulla, a fronte cioè di nessun incremento di economia reale. Mi auguro di vederci male. Ma il destino dell’America credo sia segnato. Il conflitto potrà esser evitato a patto che l’America, una volta messa alle corde, non reagisca militarmente. Ne dubito fortemente.
“la FED sta incrementando, con la sua politica, la leva sistemica e inonda il mondo della carta con altra carta, creata dal nulla, a fronte cioè di nessun incremento di economia reale.”
Per quel poco che può valere una caduta del dollaro potrebbe corrispondere ad un rincaro per gli statunitensi delle merci cinesi (se il reminbi non è andato su quando dovuto, il dollaro può andar giù). Il che significherebbe che un poco aiuterebbe chi di loro vuol comprare americano. Eppure nei momenti di crisi si spostano le spese su prodotti a minor prezzo, quindi forse ancora cinesi, annullando l’effetto precedente.
“Io non vedo nelle banche centrali le salvatrici del mondo, ma piuttosto coloro che hanno creato questo mostro che rischia davvero di trascinare tutto e tutti nel baratro.”
Forse la deregolamentazione e l’incoscienza di chi ha emesso senza scrupoli derivati a leve pesanti hanno dato un gran colpo di grazia.
Però la causa di questa crisi io la vedo nella capacità della Cina e degli altri paesi emergenti di mettere fuori mercato ampi settori delle economie avanzate, senza che certi lavoratori e imprenditori si riallocassero per tempo in attività più competitive.
Oggi l’anticipazione delle previsioni dell’Ocse sul calo del Pil. -4,3% sembrerebbe veramente pesante! Per l’Italia sarebbe previsto un -4,2%. Dopo un calo mondiale del commercio (se non ricordo male) del 10% circa e un -26% delle esportazioni italiane, una previsione di disoccupazione attorno al 10%… inizio a non comprendere come l’Ocse preveda un 2010 solamente stagnante. Ovvero qual è la buona nuova per capire che l’economia sta invertendo rotta?
Il Lei per me resta troppo sintetico per comprenderne in breve tempo il funzionamento.
Per Valter 32 – Sottoscrivo in pieno il tuo commento e mi associo. E’ il senso di quello che penso io e che forse a volte non riesco ad esprimere compiutamente. Quando dicevo “rimboccarsi le maniche e lavorare” intendevo proprio questo: cioè non uno sciocco e vuoto ottimismo alla Berlusconi, ma una fiducia nel lavoro, nell’impegno e nei propri mezzi che, se pur scarsi e malconci, a qualcosa di buono possono sempre portare. Poi se domani casca il mondo, torna Bin Laden, arriva uno tsunami o scoppia una guerra mondiale… questo nessuno di noi semplici cittadini lo può prevedere.
Per Marco 33 – Apprezzo anche il tuo commento che mi sembra ragionevole ed equilibrato. Ne approfitto per lanciare una domandina provocatoria… non è che noi comuni mortali siamo un tantino “presuntuosi” a voler disquisire di questioni di fantapolitica o di scenari estremi come questi? Pensate davvero che oggi, in un mondo così interconnesso, interdipendente e complesso, si possa parlare a cuor leggero di guerra globale, fine degli Usa e altre amenità come se parlassimo di calcio al bar?
Scusate ma vorrei dire anche questo: chi non riesce (o non vuole) vedere nell’attuale leadership Usa di Obama un netto stacco con il passato (Bush) e una profonda differenza di vedute politiche in ogni settore sociale ed economico, vuol dire che è del tutto miope o prevenuto. Ripeto: forse fallirà, forse l’eredità che ha raccolto è troppo pesante e disastrata, ma ALMENO sembra un uomo che ha le idee chiare e una visione realistica della vita. Ieri ha detto durante l’intervento alla Casa Bianca sull’industria automobilistica, che la ripresa dell’intero settore non puo’ dipendere “da un infinito flusso di capitali versati dai contribuenti”. Questo mi sembra realismo e onestà intellettuale. Vi siete dimenticati di come operava Mr. Bush dal suo dorato “buen retiro” texano? Li avete visti i film di Michael Moore (quello sull’11 settembre in particolare)?
L’interpretazione di Fabris non mi trova molto d’accordo. Gli Usa non sono solo un’economia di carta, ma anche il polo dove si concentrano le tecnologie e le aziende più avanzate.
Sempre pienamente d’accordo con Fabris,il mondo è appeso ad un filo molto sottile,al primo scatto d’ira o al primo sgarbo aspettiamoci di tutto.
Chi persevera nel dire che parlare di certe argomentazioni è presuntuoso fà il gioco di chi non vuole convenientemente che si parli di certe argomentazioni con lo scopo di far ripartire la giostra oligarchica che oramai sembra molto scricchiolante ed ai suoi ultimi giri ( la prova sta nel fatto che siamo quì a confrontarci e non a guardare nani e ballerine)!!!
Altro pensiero per chi è concentrato sul lavoro reale e dice che a noi compete quello ,tutto il resto ci riguarda poco o nulla ……..ebbene forse non avete capito con le ultime mosse dei governi, quanto della vostra laboriosità presente e futura vi abbiano scippato, con qualche legge approvata in pochi minuti a favore di usurai e oligarchi.Hanno ipotecato il vostro futuro produttivo per scopi di pochi eletti e se sarete così ciechi da non vedere tutto ciò …….buona schiavitù a tutti …..felicità non mi sembra il caso…..!!!!
Luca,
qui nessuno esclude nulla, almeno per quanto mi riguarda. C’è chi ritiene poco probabile lo scenario descritto da Fabris e da te e chi invece lo ritiene più probabile.
Ma il tuo messaggio è uno spot politico propagandistico, di analisi fondamentale e di mercato ne vedo, permettimi, ben poca.
Non sono di destra ne di sinistra ……per la precisione……!!!
Casomai non si è capito come siano la stessa cosa e remino verso lo stesso obbiettivo: “Il mantenimento del privilegio bancario-oligarchico”
a discapito del popolo bue assopito e stramazziato.
Anzi ti dirò di più, ho votato a destra (in passato) ma mai a sinistra……….così potrai ancor di più prender coscienza che io il problema l’ho individuato alla fonte a differenza di chi continua a voler isolare chi dice quello che nessuno vuole dire e vede quello che nessuno vuole vedere ,perchè uscire dal sistema è dura e tutti devono render conto a qualcuno …………!!
L’analisi di mercato non può esser avulsa dal contesto politico-oligarchico-bancario, perchè è da esso che lo stesso mercato è influenzato nonchè profondamente distorto!!!
Per chi crede ancora nel libero mercato,nella concorrenza ……bene…. le favole aiutano a vivere meglio!!!
Saluti!!
Su un altro blog finanziario che molti di voi conosceranno c’è qualcuno che ha già “visto” (bontà sua) lo SP Mib a quota 5.000. Ecco il (delirante) testo
Visto che :
– Sono falliti nomi storici ( lehman in primis)
– Sta accadendo l’impensabile
– L’amministrazione americana sta solo peggiorando le cose con queste manovre dell’ultima speranza e dell’ultima spiaggia
-Obama è un ignorante in materia economica
-Stanno cercando di salvare il crack da bolla del credito con altro credito
-Stanno tenendo a galla aziende cotte con miliardi di soldi pubblici,aziende che sono dei buchi neri che non producono piu ricchezza e valore aggiunto( anzichè liquidarle)e questo se sembra salvare posti di lavoro e l’economia nel breve ,nel lungo periodo sara un disastro
-VISTO CHE IL NOSTRO INDICE è COLMO DI BANCHE
TARGET S&P MIB 40 5000 ( -90& DAI MAX)GENNAIO -MARZO 2010
Ecco dunque secondo questo “esperto” lo scenario prossimo venturo…Dunque onore ai nuovi vati della nostra economia e che buon pro gli faccia!