Pessimismo e contrarian investing
Se c’è un’analisi che al momento non è troppo difficile fare è quella dell’umore degli investitori, o – come si dice in gergo – del sentiment, che è estremamente depresso.
Il mondo intero ha atteso per mesi il cambio di amministrazione alla Casa Bianca e poi, nelle ultime settimane, ha reagito con un diffuso senso di delusione alle iniziative che sono state annunciate. Intanto, gli indicatori economici non hanno fatto che peggiorare e la crisi delle banche si è avvitata su se stessa.
L’esito è sotto gli occhi di tutti: i mercati azionari si sono inabissati, perforando i minimi dello scorso autunno.
Di indicatori del sentiment ne esistono tanti. Uno dei più noti, con una storia pluridecennale, è quello elaborato dall’American Association of Individual Investors (AAII) sulla base di un ampio sondaggio tra i piccoli investitori americani. Il grafico che segue, tratto dal blog di Bespoke Investment Group, ne riporta il dato relativo alla percentuale di investitori che si dichiara bearish, ossia pessimista sulle prospettive del mercato azionario.
La percentuale più recente del 70,27% di investitori bearish è il risultato più negativo nei 22 anni di storia del sondaggio. All’estremo opposto, il picco di ottimismo – con la percentuale minima di investitori bearish – fu toccato al sommo della bolla speculativa dei titoli tecnologici, nei primi mesi del 2000.
Estremi del sentiment come indicatori contrari
Che uso si può fare di queste indicazioni? In genere, le emozioni si muovono a livelli intermedi e non influenzano più di tanto l’andamento dei mercati. Quando il sentiment è normalmente variegato, diversificati risultano anche i comportamenti degli investitori, tanto da tradursi in mercati relativamente efficienti e valutazioni nel complesso eque.
In prossimità degli estremi, il discorso cambia e l’interpretazione degli indicatori di sentiment si fa interessante. Livelli eccezionalmente elevati di ottimismo o pessimismo, di panico o euforia, rivelano mercati dove il contagio delle emozioni la fa da padrone e i comportamenti gregari sono all’ordine del giorno.
Mercati simili possono procedere nella direzione prevalente per un certo periodo di tempo, sulla base di potenti dinamiche retroattive, ossia di previsioni che si autoavverano, di circoli viziosi. L’ottimismo alimenta la smaniosa domanda di titoli, che porta a prezzi in così rapido aumento da generare euforia. Il pessimismo alimenta le vendite incessanti, che fanno sprofondare i prezzi fino a generare depressione o panico.
In un contesto come l’attuale, il contagio si può esprimere nelle seguenti pulsioni: “Tutti si sono messi al riparo vendendo le loro azioni, vuol dire che devo vendere anch’io!”. Oppure, “Tutti si arricchiscono vendendo allo scoperto i titoli azionari, se faccio lo stesso diventerò ricco anch’io!”
Queste dinamiche possono durare, come dicevo, per un po’ di tempo, ma sono intrinsecamente insostenibili. Cavalcarle è dunque un gioco pericoloso. Agli estremi, infatti, la massa degli investitori è sistematicamente in errore. Lo era al picco di ingiustificata euforia del 2000, lo sarà quando sarà toccato il picco di ingiustificato pessimismo attuale. A giudicare dalla storia del sondaggio dell’AAII, così come di altri indicatori di sentiment, quell’estremo non può essere molto lontano.
Sentiment, valutazioni e aspettative irrazionali
Il movimento del sentiment, così come quello delle valutazioni – di cui ho parlato nei recenti post Valutazioni azionarie e rendimenti attesi e Quanto è sottovalutato l’azionario europeo? – è, nel lungo periodo, pendolare.
Sentiment e valutazioni, in realtà, sono due facce della stessa medaglia. Perché mai gli investitori, in certi periodi, dovrebbero essere disposti ad acquistare titoli azionari, mediamente, a prezzi pari a poco meno di 50 volte gli utili normalizzati, com’è accaduto nel 2000, e in altri periodi non dovrebbero essere disposti a pagare più di 5 volte gli utili, come accadde al fondo della Grande Depressione degli anni ’30, o 10 volte gli utili come accade ora?
Non ci sono spiegazioni sensate o empiricamente fondate. Ci sono solo aspettative irrazionali e ingiustificate.
Al picco dell’euforia, la massa degli investitori crede a teorie assurde sull’avvento di “nuove ere” di benessere, crescita e arricchimento senza precedenti. Un esempio? Come ricorda Robert Shiller, il professore di Yale autore di Euforia irrazionale, sondaggi realizzati in America poco prima dello scoppio della recente bolla immobiliare mettevano in luce come la massa dei compratori di case ritenesse “normale” un’ascesa dei prezzi del 20% o più l’anno. Altrettanto “normale” era la fede riposta nel presunto assioma che i prezzi, nel mercato della casa, non scendono mai. Si tratta, sia chiaro, di aspettative assurde.
Parimenti, al fondo del pessimismo, fioriscono le teorie più strampalate sulla “fine di un’era” di crescita e sviluppo: fine del capitalismo, tramonto della civiltà, morte delle azioni. Ma l’evidenza, da svariati secoli a questa parte, è che le crisi finanziarie sono un fenomeno ciclico abituale e non una malattia mortale. La storia umana, certamente, è anche storia di civiltà scomparse. E tuttavia, come ha magistralmente raccontato Jared Diamonds in Collasso, come le società scelgono di morire o vivere, i fattori che hanno portato alla fine delle civiltà del passato hanno a che fare con le mutazioni climatiche, la dissipazione delle risorse ambientali, le guerre.
Non ci sono esempi di civiltà che siano collassate per una crisi finanziaria. Si contano invece, nella storia della nostra civiltà capitalistica, dal ‘600 in poi, almeno una quarantina di gravi crisi finanziarie, tutte accompagnate da panico, profonde recessioni o depressioni economiche e fiorire di teorie sulla “fine di un’era”. Ogni volta, quelle apocalittiche aspettative si sono dimostrate sbagliate. Questa lunga teoria di crisi superate non ci consente di derivare inesistenti certezze sul futuro. Ma ci dovrebbe indurre a una ragionevole ipotesi: non sarà una crisi finanziaria, per quanto destabilizzante, o una risultante depressione economica, per quanto acuta, a mettere fine alla nostra civiltà.
Strategie contrarie: market timing e value investing
Tornando al sentiment corrente degli investitori, il difficile, naturalmente, è capire quando un estremo viene toccato. In prossimità di quel punto, andare contro l’opinione prevalente sarà la scommessa vincente. Esaurito il moto in una direzione, il pendolo del sentiment si avvierà, più o meno speditamente, più o meno coerentemente, nella sua oscillazione a ritroso. Il problema è che non esiste una misura esatta dell’umore della massa, su cui l’investitore contrario possa fare sicuro affidamento.
Come scrive Martin Zweig nel classico Winning on Wall Street: “Ricordati che andare contro la folla non è sempre la scelta giusta. Lo è solo quando la folla raggiunge livelli estremi di unanimismo. Definire quegli estremi non è facile. […] Non c’è un livello magico di ottimismo o pessimismo che possa fornire un segnale preciso.”
Che fare, allora? Posto che, come scrive sempre Zweig, livelli particolarmente pronunciati di ottimismo o pessimismo, com’è ora il caso, dovrebbero sempre indurre l’investitore a “stare in guardia”, pronto a cogliere il momento ormai prossimo in cui il pendolo comincerà a oscillare nella direzione opposta, le scelte possibili sono di due tipi.
Per chi voglia cimentarsi in forme di market timing, il consiglio di un maestro come Ned Davis, nel libro Being right or making money, è il seguente: “E’ opportuno muoversi con la folla finché gli indicatori (di sentiment) raggiungono livelli estremi e iniziano a invertire direzione. E’ solo a quel punto che, di solito, è redditizio assumere un atteggiamento contrario”. Nel nostro caso, finché il pessimismo non fa che peggiorare – com’è accaduto negli ultimi mesi – andare contro la massa comporterà delle perdite. Ma ai primi segni di cedimento di un consenso fattosi estremo, la scommessa contraria sarà probabilmente vincente.
Per chi si ispiri invece a una filosofia contraria come il value investing, la ricerca del timing corretto di mercato, ossia del perfetto tempismo, non è una priorità per il semplice motivo che non è ritenuta possibile. Sarà allora, per quel che riguarda il sentiment, la sola conferma che si è in prossimità di un punto estremo a contribuire alla scelta di assumere una posizione di segno opposto a quella abbracciata dal consenso: vendere quando c’è troppa euforia e la massa fa a gara per comprare a prezzi sempre più elevati, comprare quando c’è troppo pessimismo e la massa si precipita a vendere a prezzi sempre più depressi.
Per i value investor i mercati sono troppo complessi per consentire di operare scelte tattiche o di timing con sufficiente precisione. Approssimazione ed errori sono inevitabili, ma possono essere compensati da una strategia coerente nella ricerca del valore e da un atteggiamento paziente e orientato al lungo periodo. “Avere paura quando gli altri sono avidi, ma essere avido quando gli altri hanno paura” – come invita a fare Warren Buffett – negli investimenti è sempre stata, alla lunga, una semplice anche se non facile ricetta per avere successo.
Innanzi tutto complimenti per le sua analisi sempre puntuali ed approfondite. Volevo chiederLe, prendendo spunto dalla sua osservazione sulla sopravvalutazione del mercato immobiliare americano con scoppio in atto della bolla, perchè da noi, in Italia, i prezzi delle case continuano ad avere valori “astronomici”? C’è qualche speranza di vederli tornare a prezzi “ragionevoli”? In un precedente suo articolo, se non sbaglio, si diceva che durante le recessioni i prezzi degli immobili tendono a regredire di circa il 30 %. Sarà così anche da noi o il nostro mercato immobiliare è diverso?
Grazie
Come sempre complimenti per la sua visione equilibrata e razionale, in un momento in cui molti sembrano perdere la testa. Una considerazione personale: propendo più per la visione “value investor”, perche come lei giustamente scrive “i mercati sono troppo complessi ed enigmatici per consentire di operare scelte tattiche o di timing con sufficiente precisione. Approssimazione ed errori sono inevitabili, ma possono essere compensati da una strategia coerente nella ricerca del valore e da un atteggiamento paziente e orientato al lungo periodo. “Avere paura quando gli altri sono avidi, ma essere avido quando gli altri hanno paura” – come invita a fare Warren Buffett – negli investimenti è sempre stata, alla lunga, una semplice anche se non facile ricetta per avere successo”.
Poi un suggerimento: consiglio a chi non lo ha ancora fatto la lettura di due libri nostrani: “Bella la Borsa, peccato quando scende” di Salvatore Gaziano e “La fabbrica dei soldi” di Giancarlo Galli, che scrive un concetto che mi ha sempre affascinato: “quando il padrone vede entrare in borsa i suoi servitori, allora esce”. E viceversa, ovviamente. Potrebbe essere una bona linea di asset per i tempi difficili attuali. Perchè appunto è impossibile centrare il timing perfetto (e chi lo insegue è un ingenuo), ma è consigliabile inserirsi in un trend, un flusso (in salita o discesa che sia) per anticipare il momento buono, che prima o poi arriva sempre.
Il problema degli indicatori di tipo contrarian è che possono, in determinati periodi storici, persitere nella banda estrema di oscillazione per molto tempo, potendo determinare quindi perdite potenzialmente illimitate a chi sia entrato sul primo segnale di estremo.
Buongiorno al Sig. Bertoncello e Fabris, seguo sempre con interesse, come una pesone che vive di economia reale; ma a 1.200 euro al mese di busta paga non si và lontano, comunque non tutti i lavoratori guadagnano 1.200 euro c’è chi guadagna di meno/più.
Da inesperto un P/E di 5 come il 1929 mi andrebbe qusi bene, un buon compromesso. Oppure sbaglio e non ho capito niente!!!!
Vi dico la mia view. La contrazione in atto è meno forte di quella del ’29, ma molto più forte di tutte quelle successive. L’ S&P500 nel ’29/’32 perse l’86%. Nel ’00/’03 il 50%. Ora finirà la sua corsa grosso modo a metà strada fra questi estremi. Direi tra un – 60% e un – 70%. In analogia a quanto fatto anche dal Nikkei nel ’89/’92. Cosa molto più difficile da prevedere: dal bottom riprenderà il toro come dopo il ’32 americano oppure inizierà un lungo trading range, anche tradabile in quanto ampio, come il ’92 giapponese?
Ditemi la vostra probabilità soggettiva.
Anch’io concordo con il post 5 del Sig. Fabris.Mi sembra che in questi giorni ci sia un rimbalzo tecnico perchè molti operatori hanno chiuso le operazioni short in vista della scadenza di venerdi 20 marzo.In seguito penso che il trend continuerà a essere negativo e mi aspetto che lo S&P 500 possa arrivare a perdere fino al 66% dai massimi e la ripresa poi ci sarà ma molto lenta.Direi come probabilità 80% come il 92 giapponese e 20% come il 32 americano.
Ciao, vi riporto una frase tratta da un articolo apparso ieri su Il Sole 24 ore (il titolo e’ ‘Economia, quando le stime non prevedono la recessione’): Previsioni mancate
Già, perché le stime non hanno previsto il crollo? «I modelli previsionali – risponde Luigi Campiglio, professore di politica economica all’Università Cattolica di Milano- funzionano all’interno di un determinato “regime”. Cioè, quando esiste un trend delineato che, seppure caratterizzato dai cicli economici, vanta una tendenza di fondo sul lungo periodo. Se questo regime cambia, come accade ora, è difficile cogliere i punti di svolta».
Ora, con tutto il rispetto per il prof. Campiglio, questo sarebbe come dire che I MODELLI PREVISIONALI FUNZIONANO SOLO QUANDO NON SERVONO…
La nozione di caro prezzo o basso prezzo deve ancorarsi a qualcosa. Gli individui tendono a vedere i prezzi a cui sono abituati come dei prezzi normali e i prezzi che si discostano da questi livelli come una cosa aberrante. Questa prospettiva li spinge ad operare in controtendenza all’inizio di un trend, supponendo che i prezzi prima o poi torneranno ad un valore “normale” Ecco tracciata la perfetta strada per il disastro” Quanti si riconoscono in tale assunto di William Eckhardt? Ho paura in molti…
Buongiorno Dott. Bertoncello,Le faccio i complimenti per le sue analisi, sempre lucide e razionali.
Concordo pienamente sulle varie considerazioni relative alle crisi finanziarie e alla loro ciclicità,consacrata del resto dalla teoria economica.
A proposito di pessimismo, mi interesserebbe sapere come valuta Lei i ripetuti interventi dell’economista Roubini il quale, assunto agli onori della cronaca per aver previsto la crisi nel luglio del 2006 ( un pò in anticipo, per la verità),circa una volta alla settimana rilascia interviste dove proclama nuove catastrofi in arrivo , e di solito quando il mercato prova a rialzare la testa.
Secondo Lei, è pura mania di protagonismo , è afflitto da pessimismo cronico o c’è qualcosa che a noi sfugge , come per esempio la volontà di influenzare la borsa?
Il dubbio nasce spontaneo essendo oggi Roubini una delle voci più ascoltate ed influenti.
Soprattutto,e tralasciando il fatto che una persona nella sua posizione dovrebbe pensarci bene prima di proferire parola, Lei è d’accordo con le sue analisi?
Cordialmente
Ciao Paolo, come disse il grande Troisi: la faccia mia sotto i piedi tuoi…ma forse volevi dire che Roubini è “assurto” agli onori della cronaca?
Penso che attualmente la cosa più importante sia capire se siamo in una crisi di liquidità o di solvibilità. Nel primo caso è utile trovare soldi per tappare i buchi causati da errori di valutazione di manager incapaci, subito dopo il sistema ripartirà e saprà fare utili con cui pagare gli interessi e parte dei nuovi debiti. Nel secondo i soldi vanno usati per cambiare modello di sviluppo. Per me il capitalismo è imballato, lo è dalla fine degli anni ’80, il fatto che i redditi perdano potere d’acquisto ne è la riprova. Dal ’90 ha creato solo bolle : dei servizi superflui, internet, l’immobiliare, il credito globale. Poi è sopravvissuto con la globalizzazione (per dirla in maniera un po’ rozza, far lavorare i cinesi rifilandogli assets fasulli, tipo una Citigroup a 50$, oggi ne vale 1,5). Nel 2000 pensavo che ci fosse la possibilità di ripartire da due cose : il bilancio federale Usa (sembra incredibile, con Clinton era in attivo) e i consumi interni cinesi. Oggi la prima cosa è saltata, sui secondi siamo molto in ritardo. Per rispondere a Fabris, oggi le borse mondiali valgono sui 40/45 trilioni; le vedo sui 25 trilioni per fine anno.
Gianni: “Penso che il momento che stiamo vivendo sia unico, perchè somma alla fine dell’impero americano la fine di un sistema economico, almeno come forza propulsiva.”
“Tutto nasce, si sviluppa, finisce. Tutto a parte il capitalismo? Perché?”
“Per me il capitalismo è imballato, lo è dalla fine degli anni ‘80, il fatto che i redditi perdano potere d’acquisto ne è la riprova.”
Quindi pensi che vi sarà un sistema differente da quello capitalistico immediatamente dopo questa crisi?
Hai già una qualche idea? Qualcosa di già visto in passato o di nuovo?
Soprattutto porta analisi o dati.
Il capitalismo non morirà per mano di questa depressione ma ne uscirà più forte di prima perchè depurato degli eccessi vissuti. Stiamo vivendo una depressione, non Grande, ma una depressione. Il sistema bancario americano e molta parte di quello europeo sono insolventi: non esiste bilancio di un grande gruppo bancario esente da buchi o voragini che siano. Il motivo di fondo: l’eccesso di danaro a iosa e con tassi reali negativi quando non vi era bisogno (dal 2002 al 2005) ha fatto proliferare forme di attivo rischiose e poco remunerative. Appena il vento è cambiato vi è stato un repricing globale di ogni titolo di debito (dal più sofisticato cdo sintetico all’apparentemente innocuo bund), che, in termini di mark to market, equivale a dire che tutti i bilanci bancari sono ricolmi di attivi con prezzi di mercato ben al di sotto dei prezzi di carico. L’unico modo per uscirne: smaltire la sbornia lentamente, a suon di fallimenti, nazionalizzazioni, ristrutturazioni. Solo quando il sistema bancario mondiale sarà ricapitalizzato a sufficienza da coprire il mark to market negativo sistemico, allora tornerà la fiducia negli investitori/risparmiatori. Non prima. Solo allora ci sarà ripresa duratura. Prima avremo solo bear market rallies o estenuanti sideways.
Buongiorno a tutti. Post molto interessante: la psicologia comportamentale dell’investitore è tema molto rilevante e determina largamente i trend di mercato.
Per il resto non si può prescindere dalla realtà. Il problema non è se Roubini sia un catastrofista o un genio. Appartiene a quella schiera (non foltissima, ma neppure sparuta) di economisti che, sulla scorta dei DATI, avevano espresso le loro opinioni sulla insostenibilità della situazione. Dunque è perfettamente inutile sospettare che egli parli “appena la borsa va su”, quasi ad ipotizzare una sorta di complotto. A me pare caso mai il contrario, nel senso che vengono spacciate per “buone notizie” scampoli di dati di per sè insignificanti (tipo l’utile di Citigroup per i primi due mesi 2009).
Non è possibile fare gli indovini e occorre diffidare di chi possiede verità in questo campo. Però si può provare a ragionare sui dati che abbiamo. Non si possono fare paralleli con la crisi del ’29. E’ diversa (per fortuna) la struttura produttiva, la struttura sociale, gli strumenti a disposizione degli attori della finanza, il coordinamento mondiale dei responsabili dell’economia, la consapevolezza che soltanto un coordinamento sarà in grado di attutire i colpi….
E questi sono assolutamente dati positivi. Non possiamo dimenticare che la II guerra mondiale affonda le proprie radici nella crisi del ’29, nel debito tedesco relativo ai danni di guerra, nella iperinflazione di Weimar…
Quali sono i dati, oggi? Perchè è stato premuto il pulsante “reset” sull’intera economia? Non sono un economista e potrei anche sbagliare: a me pare che la situazione fosse divenuta insostenibile. Le attività finanziarie OTC avevano un valore nozionale di circa 700 trilioni di USD, pari a circa 12 volte il PIL mondiale. La leva finanziaria utilizzata dalle grandi banche del mondo occidentale variava (e varia ancora) da 40 a 70. Ecco perchè questa non è una crisi di liquidità, ma una crisi di solvibilità. Le grandi banche sono, con varie sfumature, INSOLVENTI. Prendiamo Citigroup, Deutsche, UBS. Verifichiamo il rapporto tra attivo patrimoniale e mezzi propri. Verifichiamo il rapporto tra il primo ed il secondo dato. Cerchiamo di capire quanti SIV, LITE, altre mostruosità fuori bilancio sono riconducibili a queste entità. Cerchiamo di comprendere quali sono i criteri di valorizzazione degli asset finanziari detenuti da questi colossi: mark to market? mark to model? Attenzione perchè negli USA è contabilmente consentito detenere al c.d. “terzo livello” contabile asset valutati secondo criteri soggettivi. Bene: come definireste entità che, a fronte di un valore di 1 come mezzi propri possiedono asset che valgono -12? Per me sono insolventi e tecnicamente fallite. Perchè non si tirano le somme? Perchè non è possibile: si spera che le cose cambino, che le borse salgano, che i mutuatari riprendano a pagare le rate, che i debiti vengano ripagati in modo tale da far salire i prezzi di prodotti derivati che, giacendo nei bilanci delle banche a prezzi storici elevati, a propria volta salgano di valore.
La questione è che l’economia reale non parrebbe esser messa in modo tale da favorire questo processo ma, al contrario, probabilmente per un certo tempo lo peggiorerà.
Questo non esclude che le Borse reagiscano anche in misura consistente. Sulla base dell’enalisi grafica (che personalmente non condivido) parrebbe che S&P500 possa trovare una base intorno a 600 nella tarda primavera. Da qui si potrebbe anche assistere ad un clamoroso rimbalzo anche del 50% (ma attenzione: 50% di 600 da sempre soltanto 900, vale a dire più o meno dove l’indice si trovava a fine anno 2008).
Ci sono comunque molteplici variabili che possiedono una cifra anche politica: continueranno i cinesi a comprare il debito americano anche quando sarà chiaro che gli americani, non potendo consumare, non compreranno merci cinesi? Continuerà il mondo a voler utilizzare una moneta, il dollaro, che viene stampata in quantità industriale? Quale impatto avrà sul mercato il debutto del kaleji, la nuova moneta araba prevista da gennaio 2010? Si capisce bene che se il dollaro non dovesse più servire per comprare petrolio…
Chiedo scusa a tutti se sono più le domande che le affermazioni: l’importante è sapere di non sapere e provare a capire. Sarei felice se qualcuno potesse contrapporre al tentativo di ragionamento da me espresso, altri ragionamenti che conducessero a visioni più rosee
Un rinnovato augurio di buona giornata
Daniele
Vinello, è ovvio che il comunismo è entrato in agonia negli anni ’70, in coma negli ’80 ed è defunto nel 1989. Penso anche che le auto, per fare un esempio, continueranno a produrle aziende con azionisti che avranno come fine l’utile. In discussione per me è il ruolo propulsivo del capitalismo, non per caso ma perché ha svolto la sua funzione saturando i settori di intervento possibili per l’iniziativa privata : agricoltura, industria, servizi. A me sembra assurdo che, col progresso tecnologico che c’è stato, oggi in una famiglia debbano lavorare in due invece che uno solo per ‘tirare’ a fine mese. Questa perdita di potere di acquisto mi fa pensare che l’attuale modello di sviluppo sia errato. Nel futuro vedo, dopo un decennio passato a cercare soluzioni errate, una maggiore consapevolezza mondiale che porti i governanti a collaborare per far lavorare i cittadini del mondo non a farsi la guerra o a costruire bolle finanziarie ma un pianeta più felice. E questo non perché diventeremo tutti più buoni, ma per necessità. Il capitalismo resta, ma come dato acquisito, come substrato su cui innnestare i nuovi fattori di sviluppo.
Gianni, il comunismo è defunto perchè non funzionava affatto, in quanto la natura umana è nel suo dna individualista e non comunista. Sul tema potere d’acquisto dipende da che parte sei stato negli ultimi anni: se eri un lavoratore dipendente hai perso, se eri un autonomo, soprattutto in Italia ove esser autonomi significa poter liberamente adeguare la propria remunerazione e anche non pagare le tasse, hai stra-guadagnato. Il gioco, come in qualunque mercato, è sempre a somma zero.
Il capitalismo non è la forma economica migliore sul piano morale, ma la più confacente alla natura umana, quella che ne rispecchia maggiormente le inclinazioni naturali.
Daniele, i tuoi interrogativi sono anche i miei. La leva finanziara, soprattutto quando troppo spinta, è un’arma a doppio taglio: se il costo del tuo debito è inferiore alla remunerazione del tuo attivo (come era fino al 2006) hai l’oro tra le mani, ti sembra di vivere in un sogno, ti arricchisci senza il sudore della fronte, quando invece il funding cost più che eccede il ritorno sull’attivo (come dall’estate del 2007) il giocattolo si rompe, e diventiamo tutti, chi più, chi meno, insolventi. Adesso bisogna rendersi conto che il giocattolo è definitivamente rotto e che per ripararlo serve un grande sacrificio collettivo, di tutti, nessuno escluso. Questo sacrificio sta già avvenendo, a tutti i livelli, dal micro al macro: chi perderà il posto di lavoro, chi perderà il 60% in borsa, chi avrà tra le mani bonds defaultati, chi dovrà pagare più tasse, chi avrà una casa dal valore inferiore, chi, il più sfigato, vivrà contemporaneamente tutte queste sventure. Dobbiamo aspettare che il mercato azzeri la falsa ricchezza prima creata attraverso questo grande sacrificio collettivo. Alla fine, la somma sarà sempre zero, ma la ricchezza globale sarà fortemente redistribuita. Questo è il gioco della depressione, che azzera l’euforia precedente e riporta il motore del capitalismo ad un livello di equilibrio più sostenibile, più solido.
Per 9 Paolo: condivido la tua analisi e su Roubini ho già espresso più volte il mio parere. Certe persone, proprio perchè hanno un ruolo importante, dovrebbero pensarci non due ma dieci volte PRIMA di parlare. Comunque ritengo sia facile oggi essere catastrofisti (un po’ come sparare sulla Croce Rossa…), ben più difficile è invece essere controcorrente. Ma, Bertoncello e Buffet insegnano, è quando tutti scappano che bisogna cominciare a rallentare e guardarsi intorno. Con questo non voglio essere un facile ottimista, ma a buon intenditor…
Per 14 Daniele – Lo Spoore potrà anche scendere a 600 come alcuni ribassisti sbandierano ai quattro venti (e spero che restino fregati ben bene pure loro prima o poi, e che ci rimettano le sporche penne, come ce le stiamo rimettendo noi poveracci risparmiatori…), ma chi ti dice che un eventuale rimbalzo da quel livello sia solo del 50%? Dopo il ’32 Wal Street rimbalzò del 300% circa, non ce lo dimentichiamo…
Complimenti, innanzitutto, per il blog al dott. Bertoncello e per gli interventi numerosi ed aggiornati, dei partecipanti.
Siccome mi reputo, pur sempre, del così detto “parco buoi”, vi porto alcune notizie dall’interno: più di un contatto crede ad un recupero degli indici, in particolare delle nostre azioni, anzi c’è chi compra, pur avendo perdite spropositate.
Buona giornata
Salve,
sentite condolianze, Dott. Bertoncello.
Le scrivo “finalmente” per dirle che questo post è null altro che ciò già detto e riassumibile con la solita ma basilare frase di WB “Avere paura quando gli altri sono avidi, ma essere avido quando gli altri hanno paura”.
Per alimentare dibattiti e riflessioni, che con grande soddisfazioni trovo molto cresciuti qualitativamente e quantitamente, nell’ ultimo anno, mi permetto di consigliarle alcuni spunti:
– monitoraggio dell’ indice Lei
– Post sull’ uniche azioni “nazionali” italiane degne di attenzione (Eni, Enel, Finmeccanica & C)
– Utilizzo degli Etf Lev e Short come sostituti degli investimenti in singole azioni, pro e contro
– Storia delle aziende quotate e sospese dal mercato (e sovente fallite)
– Gli ultimi due mandati politici e le decisioni ecomoniche più rilevanti.
Consapevole che qua “siamo a casa sua” mi scuso per l’ impertinenza.
cordiali saluti
Mirko
Mirko: “Le scrivo “finalmente” per dirle che >>>>> questo post è null altro che ciò già detto e riassumibile con la solita ma basilare frase di WB
Mi scuso per l’ invio multiplo del post.
Grazie Vinello del prezioso contributo.
Ci deve essere un errore, non mi è stato permesso di pubblicare appieno il mio commento, ma solo le prime 2 righe. Lo riporto di seguito:
Mirko: “Le scrivo “finalmente” per dirle che >>>>> questo post è null altro che ciò già detto e riassumibile con la solita ma basilare frase di WB
Mirko mi auguro lei non stia sfottendo.
15) Gianni.
Più che a Comunismo, Anarchia, Socialismo o conduzioni totalitarie di Stato ed economia di destra (per me capitalismo va a braccetto con democrazia) pensavo potesse riferirsi all’attuale modello misto cinese.
Gianni: “Il capitalismo resta, ma come dato acquisito, come substrato su cui innnestare i nuovi fattori di sviluppo.”
Leggo quindi che in realtà le due posizioni, questa e la mia, non sono troppo distanti ( commento 51 del topic Giappone del decennio perduto e crisi del 2009 http://investitoreaccorto.investireoggi.it/il-giappone-del-decennio-perduto-e-la-crisi-del-2009.html ).
16) Fabris
“la natura umana è nel suo dna individualista” già una volta ha fatto la stessa affermazione, che sempre nel mio commento precedentemente citato, 51 del topic Giappone del decennio perduto e crisi del 2009, mettevo in dubbio.
Ora le chiedo di portare le motivazioni per le quali lei crede in quell’affermazione. Soprattutto invito tutti a leggere sul dilemma del prigioniero, a trovare la soluzione migliore e confrontarla con una soluzione dettata dalla mano invisibile:
http://it.wikipedia.org/wiki/Dilemma_del_prigioniero
Dai Vinello non prendertela…è uno dei pochi giorni in cui i mercati salgono!
Mirko, le chiedo scusa per il “mi auguro lei non stia sfottendo”, un eccesso di nervi per molteplici fattori.
La invito comunque a riformulare la sua “questo post è null altro che ciò già detto e riassumibile con la solita ma basilare frase di WB”, potrebbe essere interpretata come offensiva.
Suppongo che il presente topic del Dott. Bertoncello sia dovuto alla “richiesta” che BRUNO fece di ampliare lo spazio alle analisi psicologiche. BRUNO che non sembra essere un Buffettiano, blog che non sembra essere direzionato unicamente ai Buffettiani.
Vinello,
è la stima che nutro nei confronti del Dott. Bertoncello, più volte da me lodato, che mi porta ad analizzare un post con tematiche già ampliamente affrontate.
A mio giudizio l’ analisi psicologica si riassume nella metafora di Mister Market.
Saluti a tutto il blog
buonasera e , naturalmente complimenti per gli argomenti trattati nel suo BLOG, vorrei aggiungere che condivido anche la visione di JC&Associati, di cui posto il link:
http://www.soldionline.it/fondi-e-etf/commenti-etf/etf-short-una-nuova-forma-di-speculazione
in cui ci mette in guardia dalla nuova “BOLLA SPECULATIVA” che sta montando nel mondo FINANZIARIO:
stanno fiorendo nel mondo tutta una serie di strumenti che consentono finalmente anche al “PARCO BUOI” di utilizzare lo “SHORT”,
Il tutto naturalmente dopo che le borse Mondiali hanno perso ben + del 70% in quasi 2 anni.
Questi strumenti si stanno diffondendo velocemente negli ultimi 2 mesi, e c’é la probabilità che siano in parte correi x l’ultima gamba di ribasso a cui abbiamo assistito fino alla scorsa settimana.
cordialità.!
A leggere questo ultimo post, più che assecondare un mia richiesta a me è venuto il “sospetto” che il Dott. Bertoncello è un trend follower “inconsapevole” “travestito” da value investor, oppure – ipotesi molto più probabile – il “vero” value investor ha timing di ingresso/ uscita (molto) approssimativamente sugli stessi livelli del trend follower. La spiegazione potrebbe essere questa: poichè il value investor di norma anticipa, spesso di molto,l’inversione del trend sia al rialzo che al ribasso, fatto 100 l’ipotetico picco massimo che toccherà il mercato al rialzo il value investor di solito è già uscito a 80 mentre il trend follower, assecondando il mercato, ipoteticamnete escirà a 90 in accenno di inversione del trend. A questo punto entrambi sono fuori dal mercato fino a quando, sempre fatto 100 il picco massimo, il value investor – comincerà ad entrare in gioco a 50 in pieno trend ribassista mentre il trend follower aspetta. Se ipoteticamente il mrcato arriva a 25 il value investor punta tutte le rimanenti fiches sul mercato in virtù che lo stesso ha toccato l’estremo di sottovalutazione. Il trend follower invece entrerà in azione a 30-35, perdendo il 20-25% di rialzo dal picco minimo mai raggiunto. Quello che “perde” il value investor nell’anticipare le inversioni dei trend corrisponde al dazio che paga il trend follower in termini di falsi segnali. Conclusioni.. due strade diverse per arrivare alla stessa meta, la massimizzazione dei profitti. Sopra tutto veleggia la disciplina, l’attitudine ad attenersi rigorosamete alle regole di gestione che ci si è dati, ci ricorda Richard Dennis che concentra in questo non facile aspetto il segreto per avere successo sui mercati azionari.
Saluti..
@Fabris #17,
sono d’accordo che il mercato azzererà tutta la ricchezza fasulla, ma che usciremo da questa crisi con una ricchezza più distribuita è forse più un augurio che un’analisi (il 2% della popolazione adulta del mondo possiede oltre la metà di tutta la ricchezza mondiale).
@Alessandro #18,
i ribassisti non sono ribassisti “a prescindere” ma osservano i trend (macro e non) e poi fanno delle analisi.
Io stesso, nel mio piccolo, non sono ottimista sull’andamento a breve dei mercati ma questo non vuol dire che io faccia salti di gioia quando vedo gli indici che scendono.
Semplicemente mi adeguo.
Lo stesso Dott. Bertoncello, in epoca non sospetta aveva scritto nei suoi vecchi post di tenersi lontano dai mercati azionari (che tradotto significa che con un ottimo timing aveva avuto una visione “ribassista” dei corsi).
Capisco che sia difficile da accettare, ma da quando esiste un mercato ci sono stati periodi di rialzo seguiti da periodi di ribasso (come è inevitabile ed a volte persino sano) e poi ancora periodi di rialzo….
salve,mi permetto di esprimere il mio pesonale parere sulla situazione attuale: i mercati hanno raschiato il fondo delineando il giro di boa, questi minimi non li rivedremo piu’,da qui’ si riparte… poche parole ma estremamente esplicite.a giugno vi ricorderete di queste mie parole…
@BRUNO: ciò che scrivi è sensato, immaginando il bottom di un mercato come una sorta di lettera “V” il value investor entra nella prima gamba e il trend follower nella seconda, magari alla stessa altezza, perchè no? Ovviamente nessuno dei due, se saggio, ha la presunzione di cogliere la cuspide (va però detto che un buono stock picking non si limita a replicare l’andamento del benchmark, sovraperformandolo di fatto alza la cuspide relativa di portafoglio).
Però c’è una differenza non da poco. Il trend follower utilizza gli indicatori tecnici come fonte dei segnali operativi, ed essi sono come ben noto forieri di ineliminabili falsi segnali nei quali un approccio fondamentale, non guardando ai grafici nè ponendo stop, non incappa.
Detto questo non sarebbe il caso di sottolineare un’altra differenza fondamentale, è il caso di dirlo, tra questi due profili di investitore?
Sia Seykota che le Turtles, a quanto ne so, operavano in futures, mentre il value investor adopera le azioni. Sono strumenti molto diversi che richiedono, anche ipotizzando il medesimo time frame, disponibilità economiche minime di ingresso molto diverse.
Se io volessi fare il trend follower sull’azionario, dando per buono il desiderio di imboccare un trend duraturo e il più ripido possibile, dovrei senz’altro operare una accurata analisi fondamentale per selezionare, nel mare magnum, i titoli da comprare o da vendere.
Per 31 – Per ribassisti intendevo gli speculatori al ribasso, quelli che, ammesso ce ne siano, hanno un interesse preciso a far scendere i mercati per poi riaccaparrarsi alcuni titoli a prezzi decimati e accumulare ricchezza in breve tempo (il caso Unicredit potrebbe essere uno di questi). Se valeva 7 euro e ora 0,ecc. è chiaro che chi la compra adesso potrebbe almeno raddoppiare se non triplicare o più il proprio investimento nel giro anche di pochi mesi.
Ragazzi, i mercati non hanno ancora toccato il bottom. Stanno solo facendo un veloce pull-back verso livelli psicologici cruciali, i.e. 800 per S&P500 e 7500 per Dow, scaricando gli ipervenduti accumulati. Non scordate che la stagione delle trimestrali orribili deve ancora iniziare. La lettera di Pandit è la falsa scintilla innescata ad arte. Il deleveraging sistemico ha bisogno del mercato azionario per esser attuato il più velocemente possibile. Non appena i corsi saranno un pò più alti, banche, hedge funds, fondi pressati da riscatti, retails oberati di debiti e senza lavoro, ribassisti, tornerrano a far diluviare. La strada è ancora lunga. L’orso della più grave recessione del dopoguerra non può durare meno dell’orso di recessioni molto meno gravi. Fate attenzione pertanto. Molta attenzione.
Alex27: Per Unicredit stai supponendo che tornerà ad avere lo stesso prezzo dopo la crisi e magari gli stessi utili.
Poco tempo fa in un’intervista ad un manager proprio di Unicredit veniva affermato che le banche non avranno gli stessi guadagni di prima.
@Fabris #35,
concordo sul tuo commento ad eccezione del fatto che sarà ancora lunga la strada dell’orso.
Secondo me non manca moltissimo ai minimi.
Resta da vedere quale sarà lo scenario di lungo termine che verrà subito dopo, e cioé se entreremo in un fastidioso e noiso trading range oppure in un periodo di lento rialzo ma duraturo.
Vista la gravità dell’attuale crisi, personalmente ritengo il primo scenario il più probabile.
Che non sia molto lontano il minimo assoluto concordo, soprattutto sul piano percentuale. Non immagino un S&P 500 a meno di 500 o lì vicino. Considerando che gli utili attesi per il quarto trimestre 2009 dovrebbero arrivare al minimo di 13$, che in genere il minimo di mercato viene toccato 5/6 mesi prima, direi che per l’estate potrebbe arrivarci. Sul dopo per ora nulla possiamo dire tranne che il percorso di ripresa sarà molto arduo e travagliato.
Per Vinello: non ho detto gli stessi livelli di prezzo per Unicredit (che era a 7 euro circa), bensì una risalita anche importante. Se adesso quota 1 euro circa, potrebbe risalire a 2,5 o 3 (ipotesi) e cioè ben lontana dai massimi di 7 ma comunque appetibile per chi la comprasse ora e che potrebbe guadagnarci sopra un 150-200%.
Per Fabris: c’è addirittura chi prende Fibonacci come unico modello (o legge assoluta) e afferma che lo Spoore arriverà a scendere fino a 475… che dire, si vedrà chi ha avuto ragione. Mi permetto, da profano di grafici e analisi tecniche, di dubitare di un eccessivo tecnicismo perchè, come insegna il buon Bertoncello, i mercati ala fine non vivono di soli grafici ma anche (e soprattuto) di emotività, che per sua natura è imprevedibile. Magari scenderemo ancora di brutto, ma non sarei così certo del “Fibonaccismo”.
Alessandro, Fibonacci come tutte le sue molteplici varianti (vedi Elliott waves etc..) sono mere c…..e, alla pari della stregoneria praticata dalle ultime tribù dell’Amazzonia o della Nuova Guinea, scegli tu. L’analisi tecnica, fatta con rigore e su time-frames tali da smussare l’andamento frattale delle serie storiche dei prezzi, non si discosta molto da quella fondamentale in termini di segnali di ingresso/uscita dal mercato. Entrambe, infatti, tendono a cogliere le c.d. “svolte epocali” che danno avvio ai big trends di medio e lungo periodo, gli unici in grado di far guadagnare qualcosa ai non insiders, i quali, se si mettono a fare gli scalpers dell’ultim’ora, hanno grosse chances di far arricchire solo le banche (in termini di commissioni pagate) e lo stato (in termini di estemporanei capital gains tassati).
Buongiorno a tutti, che sia giusta la mia “analisi”; e cioè un P/E di 1-2!! naturalmente non su tutti i titoli quotati.
#41,
su cosa basi le tue opinioni sull’AT?
Esperienze personali forse?
Per quello che ne so io, chi usa l’AT non è affatto detto che sia uno scalper.
Il Post 15 di Gianni è da incorniciare.
Cito da quel post: “A me sembra assurdo che, col progresso tecnologico che c’è stato, oggi in una famiglia debbano lavorare in due invece che uno solo per ‘tirare’ a fine mese. Questa perdita di potere di acquisto mi fa pensare che l’attuale modello di sviluppo sia errato.”
Il discorso da fare su questo punto sarebbe molto lungo. Sinteticamente, questo è il neo-liberismo.
Il problema è che oggi non esiste alcuna alternativa di pensiero al neo-liberismo.
Per la semplice ragione che non esiste neppure più il pensiero. Basta leggere l’articolo di Sapelli apparso oggi su CorrierEconomia. Si capisce subito che Sapelli è uno che pensa, e infatti l’articolo verte – anche – sulla sua condizione di disagio e solitudine.
40 – Alessandro.
Forse dal punto di vista speculativo può risultare interessante. Ma come uscirà l’azienda reale dalla crisi? Gli utili come saranno nei prossimi anni? Si deve ancora ritenere il management il top dei top, come dicevano i giornali?
Buffett e Munger ricordano che è meglio prendere un’azienda di qualità a prezzi un poco più alti, piuttosto che tirare gli ultimi sbuffi da un mozzicone di sigaretta, trovato per strada. Gli stessi però comprano aziende, giudicate da loro buone, quando hanno avuto incidenti di percorso che ha fatto abbassare la quotazione.
Dove si pone Unicredit?
Nel caso sia un “mozzicone”, preferirei cercare un titolo che risalga con un sottostante di motivazioni fondamentali, che solo per quelli tecnici.
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