l'Investitore Accorto

Per capire i mercati finanziari e imparare a investire dai grandi maestri

Investitori alle prese con l’errore di conferma

Una delle trappole a cui gli investitori sono più esposti è l’errore di conferma, o, nel gergo di quel fecondo incrocio tra finanza e psicologia che è la finanza comportamentale, il confirmation bias. Si tratta della tendenza, nelle condizioni d’incertezza tipiche di una decisione d’investimento, a elaborare una qualche interpretazione sulla base di iniziali impressioni, che poi andiamo a rafforzare attraverso una lettura selettiva e distorta dei dati di realtà.

Che succeda davvero, è provato. Ripetuti esperimenti hanno dimostrato come, in genere, noi sopravvalutiamo le informazioni che confermano i nostri orientamenti di partenza e siamo inclini a scartare le altre. Il risultato è duplice: diventiamo molto convinti (overconfident o ipersicuri) di quello che pensiamo di sapere, e corriamo seri rischi che le nostre valutazioni – poco attente agli elementi che non le supportano – siano errate. Detto nel modo più esplicito, condividiamo un innato talento a persuaderci della bontà dei nostri giudizi sbagliati.

Perché questo accada può essere spiegato a due livelli, con esempi che vado a trarre da una semplice e divertente introduzione alla finanza comportamentale, Why smart people make big money mistakes and how to correct them, un libro di Gary Belsky e Thomas Gilovich (pubblicato in Italia dalla Etas libri col titolo di Soldi al vento).

In primo luogo l’errore di conferma si configura come un’istintiva modalità di attaccamento (anchoring) alle nostre preferenze. Belsky e Gilovich citano il seguente esperimento, condotto con due gruppi di studenti da Edward Russo, professore di marketing alla Cornell University, e i colleghi Margaret Meloy e Victoria Medvec.

A un primo gruppo furono lette le descrizioni di due ristoranti, i cui diversi attributi erano stati concepiti in modo da far apparire indifferente la scelta. I due ristoranti, cioè, venivano presentati nel complesso come di pari qualità. Richiesti di esprimere una preferenza, gli studenti del primo gruppo risposero in blocco, come previsto, di non trovare differenze.

A un secondo gruppo, la stessa scelta fu proposta in modo diverso. I vari elementi della descrizione furono esposti uno alla volta, per ciascuno dei due ristoranti, e subito dopo la presentazione di ogni coppia di attributi fu chiesto agli studenti di manifestare una predilezione. Il risultato? L’84% degli studenti finì per accordare la sua preferenza al ristorante verso cui si era orientato nella scelta del primo attributo. Insomma, dopo che una preferenza iniziale aveva preso forma, qualunque essa fosse, l’accumularsi di nuove informazioni aveva scarsa efficacia nel modificarla.

Come osservano Belsky e Gilovich, questo nostro istintivo ancorarci alla prima impressione è ben noto agli esperti di marketing e vendite, che fanno di tutto per sfruttarlo al fine di generare in noi un atteggiamento di fedeltà a questo o a quel marchio, a questo o a quel prodotto.

Il test delle quattro carte

Se però il confirmation bias è così tenace, diffuso e insidioso è anche per un secondo motivo: siamo estremamente restii a cercare smentite a ciò in cui crediamo.

Lo rivela un altro esperimento raccontato da Belsky e Gilovich. Si tratta di un test logico, il cosiddetto test delle quattro carte, ideato nel 1966 dallo psicologo inglese Peter Wason. Vi invito a fare un piccolo sforzo e a provarlo.

Immaginiamo che vengano poste sul tavolo di fronte a noi quattro carte un po’ particolari, ognuna delle quali mostra su un lato una lettera e sull’altro un numero. Le facce scoperte indicano due lettere – A e B – e due numeri – 2 e 3.

Il test è il seguente. Dobbiamo provare, girando il minor numero possibile di carte, la validità o meno della seguente affermazione: “Tutte le carte con una vocale su un lato hanno un numero pari sull’altro lato.”

E’ chiaro? Ripeto: si tratta di dimostrare, utilizzando le quattro carte sul tavolo con le lettere A e B e i numeri 2 e 3, se è vera o meno la corrispondenza tra vocali e numeri pari. Vince chi ci riesce col minor numero di tentativi.

Voi come fareste? Fermatevi qui per un istante e provate.

I risultati di questo test hanno evidenziato come un certo numero di persone si limita a girare la carta con la lettera A mentre la gran parte gira due carte, quelle con la lettera A e il numero 2, e così facendo si persuade di aver trovato la risposta al quiz.

Avete fatto così anche voi? Siete in buona compagnia. Ma avete sbagliato.

Scegliere la carta con la A e poi la carta col 2 riflette la nostra tendenza a cercare conferme a ciò che pensiamo di sapere. Se sul retro della A troviamo un numero pari, ci viene istintivo correre alla carta col 2 per ottenere un’ulteriore conferma che sul suo retro ci sia proprio una vocale. E se così è, penseremo di aver provato la validità della regola del nostro test.

Ma riflettiamo un attimo. E se anche sul retro della carta col numero 3 ci fosse una vocale? La regola verrebbe smentita. Si dimostrerebbe infatti che a una vocale può corrispondere sia un numero pari che un numero dispari.

Ecco perché la soluzione esatta del test non è data dalle carte A e 2, ma dalle carte A e 3. Per provare la validità o meno della nostra regola, con la prima carta è corretto cercare una conferma (alla vocale corrisponde un numero pari), ma con la seconda è necessario falsificare una possibile smentita (a un numero dispari non corrisponde una vocale). A pochi tra quanti si sottopongono al test viene in mente di fare questo secondo passaggio.

Cercare informazioni che possano contraddire quanto pensiamo di sapere non ci è naturale, al contrario. Come scrivono Belsky e Gilovich, la nostra tendenza è di prestare attenzione a quello che ci va a genio e dà sostegno alle nostre credenze, e a sottovalutare o trascurare del tutto le evidenze che ci smentiscono. Quando dentro di noi comincia a formarsi una qualche opinione, il nostro modo di procedere per rafforzarla è quello di chiederci: Posso crederci?” Ma si tratta di una verifica piuttosto debole. Tranne forse che per le credenze più assurde, è facile trovare qualche segno di apparente conferma alle opinioni più disparate. Pochi procedono a chiedersi, come sarebbe necessario per approdare a conoscenze meno inaffidabili: “Ma ci devo davvero credere?”

Il risultato finale è che in molte delle nostre decisioni operiamo, alquanto fiduciosi, sulla base di informazioni “poco accurate, incomplete o semplicemente sciocche.”

Popper e il metodo scientifico

Superare l’errore di conferma, il confirmation bias, non è per niente facile. Esige una pratica assidua e l’acquisizione graduale di un’attitudine critica e di una capacità di valorizzazione della critica altrui che, come ci ha spiegato Karl Popper (nelle immagini in apertura e qui sotto), sta al cuore della conoscenza scientifica.

“La scienza comincia con problemi e finisce con problemi,” diceva Popper. Perché mai? Ma perché il modo scientifico di procedere nella ricerca della verità è quello di ideare “audaci congetture” e poi sottoporle alla “ricerca critica” di ciò che in esse è “falso.”

Nei primi giorni di vita di questo blog scrissi un post che intitolai “Omaggio a Popper.” In esso dicevo:

“Il metodo scientifico, per Popper, si può sintetizzare in tre passi: a) inciampiamo in problemi; b) tentiamo di risolverli elaborando teorie; c) sottoponiamo teorie (ed errori) alla discussione critica. E’ un approccio che diventa stile di vita: ci rende consapevoli della nostra fallibilità, capaci di adattarci in modi evolutivi (per tentativi ed eliminazione di errori), attenti agli altri e rispettosi della loro differenza, fiduciosi nella possibilità di realizzare passi avanti nella nostra conoscenza. E’ un approccio – critico, razionale, tollerante, ottimista – quanto mai fecondo in molti campi del vivere, anche negli investimenti.”

Mi pare un buon modo per chiudere anche questa riflessione sul confirmation bias.

L’utile critica di un lettore

Solo una cosa vorrei ancora aggiungere. Riguarda il motivo più immediato che mi ha spinto a mettere assieme questo post. Lo stimolo mi è venuto dal commento di un lettore, Sueggiù, che qualche giorno fa scriveva, tra l’altro, così:

“[…] Dai minimi fatti segnare dalle borse a oggi, i suoi post hanno sempre seguito una linea chiara e ben definita e cioè che, dopo le fasi di panico, le probabilità che il bear market (mese più o mese meno) sia finito sono piuttosto alte. Le sue valutazioni sono sempre state corroborate da grafici e dati provenienti da fonti attendibili […] Nel percorso che la porta a fare delle valutazioni sono certo che una persona […] come lei, oltre ai “pro”, abbia valutato anche quale siano i “contro” alle sue valutazioni. Forse quello che manca tra i suoi […] post sono delle considerazioni su quegli indicatori (politici o economici) che ancora le lasciano dei dubbi.”

A Sueggiù avrei potuto rispondere in vari modi.

Innanzitutto, avrei potuto far notare che tra i miei post manca non solo quello ma molto di più. Il mio è solo un blog, una goccia nell’oceano dei punti di vista dell’enorme massa di persone che quotidianamente si incontra e si scontra nell’osservare i mercati finanziari e poi nell’operarvi.

Avrei anche potuto far presente che la linea “chiara e ben definita” che ho seguito nella mia interpretazione dei mercati azionari è stata duplice. A un primo livello, quello colto da Sueggiù, ho cercato effettivamente di mostrare come tutta una serie di tratti distintivi della situazione creatasi da ottobre in poi sia stata tipica, in passato, dei punti di svolta, e cioè della fine di un bear market. A un secondo livello, più profondo, più affidabile e più decisivo – almeno per uno come me che cerca di essere un investitore value – ho scritto che i mercati azionari sono nettamente sottovalutati, per la prima volta da almeno un quindicennio.

La sottovalutazione dei mercati è, ripeto, decisiva nel dare fondamento alla mia fiducia che l’attuale sia un momento migliore di tanti altri per cominciare a investire. Sulla base soltanto del primo set di osservazioni sarei stato più cauto. Anche se prudente, vorrei far presente ai tanti che descrivono i miei atteggiamenti come ottimistici, io sono stato. Tra ottobre e novembre, in prossimità dei minimi e senza inseguire i rimbalzi, ho acquistato azioni portando la mia esposizione in portafoglio dal 15% al 55%. Il 15% era una percentuale eccezionalmente bassa, che rifletteva l’estrema negatività sulle prospettive di mercato che mi aveva accompagnato fino al crollo di ottobre. Il 55%, per me, resta una percentuale inferiore alla norma, tale da configurare il mio atteggiamento come, appunto, ancora cauto e niente affatto aggressivo. E’ possibile che, ora che i mercati sono di nuovo scesi verso i minimi di novembre, io scelga di incrementare ancora la mia esposizione. Vedremo. E’ una decisione che non ho ancora preso.

A Sueggiù, per concludere davvero, ho però risposto che aveva ragione. La “chiarezza e definizione” che lui ha colto nei miei post sul mercato azionario rischia di essere una trappola per i miei lettori e, forse, alla lunga, anche per me. Di valutare i pro e i contro, come lui dice, io effettivamente mi sforzo. Sta di fatto che in una situazione di enorme polarizzazione del sentiment degli investitori – il pessimismo, come ho mostrato in altri post, la fa da padrone – io, nei miei articoli, ho pensato di fare la cosa più giusta mettendo in luce come e perché quel consenso rischia di essere sbagliato.

Ma, come la reazione di Sueggiù mi ha lasciato intravedere, sono forse arrivato al punto di apparire talmente coerente e, per così dire, internamente consensuale nella mia critica al consenso altrui che la prossima cosa giusta da fare sarà mostrare come e perché mi potrei sbagliare. E’ ciò a cui cercherò di dedicarmi, in uno o più post, nei prossimi giorni.

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18 pensieri su “Investitori alle prese con l’errore di conferma

  1. San Siro in ha detto:

    Scusi, ma per tagliare la testa al toro, non sarebbe più semplice andare a prendere il valore più basso mai toccato in passato dai listini azionari (credo che sia successo dopo la crisi del ’29) vedere a cosa corrisponde in termini di S&P 500 e dire: dopo la più grande crisi finanziaria di tutti i tempi si è toccato questo bottom. Aggiungendo, prudenzialmente, che non si garantisce che in questa circostanza non si riesca a fare ancora “meglio”, cioè ad andare ancora più giù…

  2. MarcoDC in ha detto:

    Personalmente ritengo che di fianco allo studio più o meno approfondito di mercati, scenari macro, grafici e bilanci si debba leggere testi di psicologia degli investimenti/finanza comportamentale.

    Oltretutto ci permettono di riflettere sui comportamenti che normalmente si tengono nella vita di tutti i giorni e sui quali ogni tanto è bene soffermarsi; molte nostre scelte risentono dell’autoreferenzialità che diamo alle nostre idee e questo in tutti i campi, nel lavoro compreso.

    Il mio lavoro poi mi espone pericolosamente a questo errore.

    Certo, e questa è una mia riflessione, che l’esasperazione nella ricerca di smentite rischia di portare alla “paralisi” del pensiero; si rischia di non riuscire a prendere una decisione. L’unico vero momento in cui è difficile trovare elementi contrari a un’idea è, in finanza, quando essa è sbagliata.

    E’ infatti noto che nei periodi di maggiore consenso che si annidano i maggiori rischi di errore.

  3. Complimenti per la sua onestà intelletuale, dote preziosa quanto rara. Buon fine settimana.

  4. suvretta in ha detto:

    Dott.Bertoncello
    seguo da poco il suo blog sono un piccolo risparmiatore tosato a dovere oltre che dal mercato(accettabile)anche dai cosidetti gestori
    professionali(inaccettabile)sto cercando di capire
    sempre qualcosa in più di economia.Potrebbe consigliarmi qualche lettura non eccessivamente
    tecnica?sinora ho solamente letto”stocks for the long run” ovviamente in italiano.Complimenti sinceri anche perche deduco che sacrifica qualche abbondante ora di riposo alla diffusione di una
    corretta cultura finanziaria.

  5. sueggiù in ha detto:

    Egr. Sig. Bertoncello,
    debbo confessarLe che prima di scrivere quel commento ci ho pensato due volte.
    Temevo che qualcuno, tra i lettori del blog, si rivelasse più realista del re.
    Sono contento che non sia andata così.

    Leggendo i commenti ai suoi post, ho solamente pensato che le Sue valutazioni positive sul “momentum” dell’investimento azionario, abbiano inciso e quindi abbiano ridato fiducia (o speranza) proprio in un periodo dominato da un “sentiment” pessimista e che è tutt’ora prevalente.
    Lei ha ridato fiducia anche a chi era uscito deluso dagli investimenti del 2008….compreso il sottoscritto (che però ha imparato la lezione).
    Per dirla con una battuta e come ha scritto Lei di Obama, l’avrei vista bene nei panni di un generale di Napoleone. 😉

    Buon weekend

  6. Diego in ha detto:

    Grazie al suo blog e a qualche altra lettura, e forse anche a un pò di diffidenza verso gli ultimi anni di picchi borsistici verso l’alto (sono uscito dal mercato azionario circa a metà 2007)e di bolle immobiliari, sono riuscito ad evitare significative perdite e ho passato un 2008 tranquillo. Non sono un esperto, ma fidandomi molto poco di gestione patrimoniale degli esperti (sempre interessata!), preferisco fare da solo e sbagliare in prima persona. Seguirla nei suoi post è stato finora illuminante e devo ringraziarla per l’acutezza e la puntualità dei suoi argomenti, ma soprattutto per l’onestà intellettuale, cosa rara al giorno d’oggi. Complimenti vivi e sinceri e grazie per il tempo che ci dedica. Cordialmente saluto, Diego

  7. Enrico in ha detto:

    Gentile Dott.Bertoncello,

    sono un giovane “investitore” avvicinatosi al mondo della borsa da poco sull’onda della crisi. Ritengo infatti che gli eventi più catastrofici siano le occasioni migliori per capire e studiare un sistema, e soprattutto che dalle crisi nascano le occasioni migliori di investimento. Ho trovato il suo blog un utile strumento per approfondire meglio la conoscenza dei mercati finanziari grazie anche ai preziosissimi link presenti. Essendo un fisico apprezzo l’oggettività sue analisi e il suo approccio pragmatico e cauto, assente in tanti presunti guru. Sono proprio curioso di leggere il suo punto di vista sugli indicatori che suggerirebbero che la discesa è tutt’altro che finita. In particolare mi piacerebbe capire cosa pensa dei P/E attuali confrontati con la media storica (http://dshort.com/articles/2009/SP-Composite-pe-ratios.html).

    A titolo di curiosità le segnalo, apparendo completamente distante come ambito, come il confirmation bias e l’esperimento di Wason sia stato al centro di un post quasi contemporaneo di un blog di scienza in cucina di una nota rivista scientifica italiana (http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/01/21/cercasi-conferma-disperatamente/). Personalmente dopo averci pensato un po’ ho risposto esattamente, ma questo effetto è sempre in agguato e talvolta inquina anche le ricerche scientifiche più serie (bandwagon effect). Le pseudoscienze vi fanno leva e ho il sospetto che almeno una parte dei convincimenti sull’analisi tecnica siano bacati da questo tipo di bias.

    Attendo con interesse i prossimi annunciati post e mi associo ai ringraziamenti per le utile servizio che offre,

    cordialmente

    Enrico

  8. Gianni in ha detto:

    Complimenti per i suoi interessanti articoli, li leggo sempre con interesse.
    Purtroppo, però, è da 2 giorni che ho grandi difficoltà ad aprire le sue pagine, il caricamento è estremamente lento, è solo un mio problema oppure anche altri hanno riscontrato lo stesso fenomeno?
    Cordiali saluti

  9. sueggiù in ha detto:

    Confermo che ho avuto lo stesso problema segnalato da Gianni.

    Saluti

  10. hermes the liquorist in ha detto:

    è cosi, è lentissimo !!

  11. Ringrazio, come sempre, quanti contribuiscono ad arricchire il blog con i loro commenti.

    A Suvretta vorrei dire che di libri, nel blog, ne cito diversi. Purtroppo, molti dei miei preferiti sono solo in inglese. Ma quando esiste un’edizione italiana di solito lo scrivo.

    Enrico,
    il suo riferimento alle valutazioni del mercato è, dal mio punto di vista, quanto mai opportuno. Ne ho parlato, abbastanza di recente, nel post Gli investitori value sfidano il bear market:
    http://investitoreaccorto.investireoggi.it/gli-investitori-value-sfidano-il-bear-market.html

    Ma tornerò a farlo. I due studi che lei cita, tratti dal sito dshort.com, non sono a mio avviso tra i più convincenti. La tecnica utilizzata da Shiller, che fa uso come divisore della media decennale degli utili, è senza dubbio preferibile al semplice impiego degli utili “storici” dell’ultimo anno. Ma si può fare di meglio, normalizzando gli utili in modo da tener conto dell’andamento del ciclo economico (anzichè del solo calendario).

    E’ questa la tecnica di Hussman, a cui davo spazio nel post che ho citato. In base ai calcoli di Hussman, i mercati sono più sottovalutati di quanto risulti dalle stime di Shiller. Anche secondo Hussman, comunque, i mercati sono meno sottovalutati di quanto non fossero negli anni ’30 o a cavallo tra gli anni ’70 e i primi anni ’80, i punti di più estrema sottovalutazione dell’ultimo secolo. Bisogna tenerne conto. Se stiamo ai precedenti storici, la possibilità che gli indici scendano ancora non può certamente essere esclusa.

    Cordiali saluti,

    Giuseppe B.

  12. fraulik in ha detto:

    Buonasera,non sono un esperto e quindi trovo molto istruttivi i suoi articoli. Ha detto che probabilmente se si dovesse arrivare di nuovo ai minimi potrebbe decidere di aumentare la sua esposizione sul mercato azionario. Mi piacerebbe sapere che metodo usa o comunque cosa pensa sui vari metodi di gestione portafoglio. Mi spiego meglio. Comprare e tenere le azioni almeno un anno (Greenblatt), utilizzare lo stop loss sempre (O’Neill – Canslim) ecc. Se ha già scritto di questo argomento mi può dare il link.
    Saluti

  13. Giuseppe in ha detto:

    Leggendo il suo post mi è tornato in mente un libro letto da poco, che suppongo conosca, ma che se non conosce penso le piacerebbe:

    The Black Swan di Taleb

    che alla fine è un’ode a Hume, Popper, Poincaré e Mandelbrot.

  14. Alessandro in ha detto:

    Buongiorno, vorrei sottoporre all’attenzione generale, e a quella di Bertoncello in particolare, due articoli sui quali spero si possa aprire una discussione.

    Il primo è del solito “ottimista” di turno, Charlie Minter, il quale profettizza uno SP500 a livelli ancor più bassi degli attuali…
    http://www.wallstreetitalia.com/articolo.aspx?art_id=660824

    Il secondo è di Giuseppe Turani, che con molta saggezza (a parer mio) finalmente inquadra il vero punto della questione, quello che i vari Minter dall’alto della loro “saggezza” non hanno ancora capito, e cioè che se crolla tutto il sistema, non ci saranno vincitori, nè guru del “te l’avevo detto io…”, nè previsori o illuminati, ma soltanto macerie e rovina per tutti, e sottolineo per tutti.
    http://www.wallstreetitalia.com/articolo.aspx?art_id=660822

    Io credo che i vari Minter, Roubini e “allegra” compagnia, si siano lasciati prendere la mano dalla frenesia di prevedere la rovina del sistema, dimenticando la realtà di fondo. Può anche darsi che abbiano ragione e che le loro previsioni si dimostrino vere, ma in quel caso, come sottolinea Turani, non ci sarà da rallegrarsi nemmeno per loro. Perchè se crolla il sistema (bancario) prima o poi gli esattori busseranno anche alla loro porta, e chiederanno il saldo del conto. Nessuno escluso.

  15. Albertino in ha detto:

    (Antico Testamento, Libro dei Proverbi, cap. I)
    “Invito alla Sapienza – La Sapienza grida per le strade nelle piazze fa udire la voce … Fino a quando, o inesperti, amerete l`inesperienza? … Poiché vi ho chiamato e avete rifiutato, ho steso la mano e nessuno ci ha fatto attenzione; avete trascurato ogni mio consiglio e la mia esortazione non avete accolto;
    anch`io riderò delle vostre sventure … mi cercheranno, ma non mi troveranno poiché hanno odiato la sapienza … Sì, lo sbandamento degli inesperti li ucciderà e la spensieratezza degli sciocchi li farà perire; ma chi ascolta me vivrà tranquillo e sicuro dal timore del male”.

    Dopo Popper e Goethe un invito a non prendersi troppo sul serio e tornare alla realtà: se vogliamo parlare di investimenti cominciamo dalle basi, ad esempio dal parterre che declamava “the trend is your friend”. Lo so, un intellettuale non si farebbe mai paladino della saggezza popolare, frutto dell’osservazione e dell’eperienza, nè tantomeno oserebbe pensare che il metodo greenblatt è in realtà un ottimo paravento per giustificare l’incapacità di cogliere segnali d’acquisto e per traquillizzare la coscienza dell’investitore poco accorto.

  16. Pippo in ha detto:

    Buon giorno, volevo dirle che da ieri posso leggere i suoi post, solo utilizzando Internet explorere, con Mozilla Firefox non ci riesco piu’.
    Non so cosa possa essere successo ma qualcosa di modificato ora c’e’ .
    Probabilmente, senza volerlo, si favorisce cosi’ il monopolismo microsoft !
    Trovo molto istruttivi i suoi articoli e le faccio i miei complimenti piu’ sinceri.

  17. Pippo,
    la ringrazio. Girerò la sua informazione a chi di dovere. I monopoli non mi piacciono, neanche quando beneficiano un ammirevole filantropo come Bill Gates.
    Cordiali saluti,
    Giuseppe B.

  18. Enrico in ha detto:

    Gentile Dott.Bertoncello,

    le scrivo per la ringraziarla per la risposta e del link a suo precedente post, che mi ha aiutato a chiarire alcuni dubbi sul P/E.

    Cordiali saluti,

    Enrico

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