Il divergente ribasso dei mercati azionari
Dopo aver recuperato circa il 25% dai minimi di novembre il mercato azionario americano, nelle ultime due settimane, è tornato a flettere, facendo come al solito da guida alle altre principali Borse. Com’è stato questo calo?
Partiamo da una premessa. L’ipotesi che negli ultimi mesi ho ventilato in questo blog (ed è solo un’ipotesi, non l’asse portante di una strategia d’investimento) è che gli indici azionari stiano disegnando il fondo del bear market iniziato nel 2007.
Qualche giorno fa, nel post Il “finale di partita” del bear market azionario, riprendevo un’analisi di John Hussman, secondo il quale lo stadio terminale di un mercato dell’orso è di solito caratterizzato da tre distinte fasi di caduta verso i minimi: una prima fase di “riconoscimento” collettivo del cattivo stato della congiuntura, una seconda parossistica fase di “paura” che la crisi sia di ardua superabilità, e una terza fase di vera e propria “repulsione” nei confronti dell’investimento azionario.
Il tratto tipico della terminale discesa per repulsione, secondo Hussman, è contraddistinto da bassi volumi, da un diffuso sentimento non di panico quanto piuttosto di “disillusione”, e infine dall’emergere di cosiddette “divergenze”: non tutti gli indici e non tutti i settori del mercato azionario sprofondano verso i minimi, proprio perché l’impeto e la diffusione del movimento ribassista non sono così pronunciati come nel precedente minimo “da paura”.
Ricapitolato questo quadro di riferimento (che offre un’utile interpretazione di ripetute osservazioni storiche, ma nessuna certezza) possiamo tornare ai ribassi delle due ultime settimane, riprodotti nel grafico che segue, a cura di Stockcharts:
Il dato che ho voluto far emergere, nelle barre ai piedi del grafico, è la relativa pochezza dei volumi (visibile nella minore altezza delle barre), che sono stati quasi sempre inferiori alla loro media mobile a 60 giorni (la linea rossa), che pure è calante.
Un secondo dato interessante viene fuori da una tabella che riprendo da Bespoke Investment Group, e che illustra la performance settoriale dell’S&P 500 da inizio anno:
Come si vede, sono solo tre su dieci i macrosettori che perdono più di quel 6,79% ceduto dall’indice in questo avvio di 2009: finanziari, telefonici e industriali. Ma gran parte delle vendite si concentrano sui finanziari, che crollano del 23,83% arrivando a stabilire un nuovo minimo, inferiore a quello di fine novembre. Su di loro si sfoga il disperato senso di disillusione degli investitori, analogo all’esodo di massa che si abbatté sul settore tecnologico verso la fine del bear market del 2000-2002.
Altri settori si comportano molto meglio, in particolare servizi di pubblica utilità, materiali di base, tecnologici e farmaceutici, che perdono tutti meno del 3%.
Un’analisi più dettagliata, sempre di Bespoke Investment Group, evidenzia come tra i servizi di pubblica utilità e i farmaceutici siano più del 50% i titoli il cui prezzo continua a muoversi sopra la media mobile a 50 giorni, un segnale tecnico di relativa forza. Tecnologici e beni di largo consumo seguono da vicino, con percentuali del 48%. Per i finanziari, invece, la stessa percentuale è appena del 15%.
Insomma, sembra quasi di essere in presenza di due mercati, che all’ombra degli indici si comportano secondo logiche distinte: è un’espressione di ciò che, in gergo, si tende a chiamare divergenza.
Bassi volumi e divergenze, secondo Hussman, caratterizzano l’ultima stadio, “repulsivo”, di un bear market. Bassi volumi e divergenze hanno cominciato a emergere in questa più recente fase di ribassi. Sono solo indizi, che il mercato potrebbe divertirsi a confondere e contraddire già da domani. Ma si tratta di una pista, tra le tante, che merita di essere seguita.
embé? Diverse centinaia di lettori e nessun commento? Che succede? Il “funk” del lunedì? O ne devo desumere un sorprendente nesso, per cui quando i mercati divergono i lettori dell’Investitore Accorto convergono … verso il silenzio?
Con la consueta cordialità (e quel pizzico di buonumore in più che di lunedì dobbiamo attingere dalle nostre riserve strategiche…)
Giuseppe B.
Egregio Dott. Bertoncello, volendo investire secondo il metodo di Joel Greenblatt, ma potendo farlo solo con azioni della borsa italiana, vorrei sapere il Suo parere su quanto segue:
– utilizzando il metodo suddetto e i dati contenuti in finanza.net ritiene possibile ottenere un gain positivo in un periodo così difficile come l’attuale (si paventa un’ulteriore caduta del 30%)?
– ottenere performance solo migliori rispetto agli indici, ma non positive, è una consolazione soltanto accademica.
Lei che ne pensa? Ha qualche dato del metodo applicato ad una borsa così in difficoltà come quella italiana?
Grazie
Dal suo articolo, sembra quasi trovare una ragionevole giustificazione alle teoria che il mercato sika arrivato.Come evidenziato in Suoi numerosi articolo nessuno può fare previsioni, e questo vale anche per Lei.Di certo le divergenze ci sono ma non significano nulla, la media è al ribasso e senon interviene qualche eveno di notevole portata sia destinati a sorbirci un mercato al ribasso.
saluti pasquale
Gentile GIM,
avrei preferito che lei postasse i suoi interessanti quesiti a commento di uno dei due articoli che ho dedicato al metodo Greenblatt. Non a beneficio mio ma degli altri lettori. Io infatti vedo tutti i commenti che mi sono inviati. Sono gli altri lettori, però, che cercando informazioni sulla “formula vincente” faticheranno a trovare tanto le sue domande che quello che ora le dirò.
Comunque, le rispondo lo stesso volentieri, nel modo seguente:
a) penso che con poco sforzo e costi insignificanti lei possa dotarsi di un conto che le consenta di investire anche fuori d’Italia. Glielo consiglio. La Borsa di Milano è troppo piccola, troppo poco diversificata. Nella top 100 aggiornata quotidianamente sul sito finanze.net ci sono al momento solo 7 titoli italiani, appartenenti appena a 4 settori. Non bastano per ottenere la diversificazione raccomandata da Greenblatt. Inoltre, lei – presumo – vive e lavora in Italia. Forse è proprietario di una o più case in Italia. Perchè vuole anche avere tutti i suoi investimenti finanziari in Italia? La sua strategia finirebbe per essere quella di chi mette – proverbialmente – tutte le uova in un paniere. Non lo faccia: questo è il mio primo consiglio.
b) ottenere “in questo momento” un guadagno non è quello che la strategia d’investimento raccomandata da Greenblatt le promette. Greenblatt raccomanda d’investire con un’ottica di lungo periodo (vale a dire, per lo meno, di alcuni anni). Nel lungo periodo il suo metodo ha dimostrato di funzionare in modo eccellente. Se vuole guadagni immediati si applichi a diventare un top trader: le richiederà anni di studio e di applicazione con esiti molto incerti e alti rischi di insuccesso.
c) Quanto a quello che si paventa (la caduta del 30%), le consiglio di lasciar perdere. Quello che tutti prevedono di solito sui mercati non accade. E anche se dovesse accadere, che sarà mai? I mercati azionari sono molto volatili e quel genere di perdita, all’uscita da un bear market, la recuperano di solito nel giro di pochi mesi.
Infine, come lei nota, è indubbio che ottenere ritorni superiori agli indici ma negativi è una magra soddisfazione. Ma non penso affatto che i mercati azionari siano destinati a continuare la loro caduta all’infinito. Prima o poi il vento girerà.
Cordiali saluti,
Giuseppe B.
Sì penso proprio sia il lunedì, c’è una fiacca in giro… Anche i commenti al mio post languono, ma non ho certo le Sue frequenze di lettori, nè lo pretendo.
Comunque, se ogni tanto facesse una capatina dalle mie parti ne sarei onorato, vorrei proprio sapere che ne pensa della glOBAMIsation.
Cordiali saluti
1 – Forse è il Suo divergente ottimismo che lascia perplessi.
Cosa ne pensa delle stime 2009 di Bloomberg sul calo dei p/e e dei conseguenti nuovi minimi attesi per tutti gli indici azionari? Dimenticando per un attimo analisi tecnica e grafica, non pensa che prima di segnalare “piste” aleatorie per infondere speranza non sia più realistico percorre la via maestra tracciata da pochi ma chiari e probanti indicatori comprensibili a tutti quali i prezzi dell’immobiliare, la disoccupazione, i consumi e la domanda delle commodity industriali? Questi pochi parametri, di facile reperimento, sono i veri campanelli che ci segnaleranno quando il peggio sarà effettivamente alle nostre spalle: al primo accenno di rallentamento dei loro attuali trend negativi i mercati schizzeranno festosi (però occhio alle trappole) anticipando la ripresa dell’inflazione e dell’incremento del prodotto interno. Oggi non c’è nessun motivo di natura fondamentale per rendere ottimista il classico (e in alcuni casi anche povero) investitore che specula al rialzo. O gli si insegna che un investimento è fatto da entrate e uscite al momento giusto, e allora l’investitore accorto è quello che pratica una gestione attiva dei propri denari perchè ha imparato a riconoscere i cicli di medio e lungo, oppure di questi tempi l’investitore accorto è colui che si accontenta dei rendimenti vergognosi che offre il reddito “fisso”. L’investitore accorto è anche colui che sa come vengono impiegati i suoi denari se decide di affidarli ai gestori, e se lo sapesse veramente li terrebbe sul suo conto in attesa di tempi migliori sapendo che presto o tardi il bull market si ripresenterà. In borsa un’opportunità persa non è mai persa per sempre, basta saper attendere e reprimere la propria avidità. L’investitore accorto utilizzerà al meglio questa attesa per approfondire le sue conoscenze di economia, finanza, mercati e strumenti di investimento al fine di essere ancora più efficace nelle scelte di investimento.
Dott. Bertoncello
mi permetto un appunto riguardo il suo post iniziale; capita spesso che i suoi lettori (tra i quali molto volentieri mi annovero) esprimano opinioni o riportino considerazioni riguardo i suoi articoli e capita altrettanto spesso che, immagino pur leggendo i loro messaggi, lei lasci cadere nel vuoto anche le considerazioni che, questo è ovviamente un mio personale giudizio, meriterebbero una sua risposta.
Senza volerle indicare il modo di gestire un blog così di successo, quando lo dovesse ritenere opportuno, potrebbe, ad esempio, chiudere una sessione di commenti con un suo post con il quale risponde brevemente a coloro che le hanno posto domande o fatto considerazioni a riguardo; se a me si rivolgesse una persona chiededomi un parere, io difficilmente riuscirei a far finta di nulla.
Cordialmente.
Gentile MarcoDC,
la ringrazio. Certo, in un mondo ideale quello che lei dice sarebbe bello. La realtà, almeno la mia, è che io i commenti li leggo tutti, ma non a tutti riesco a rispondere.
Molti mi scrivono anche al mio indirizzo di posta personale. E le domande sono le più svariate. Capita così anche per i commenti ai post, che solo talvolta hanno a che fare con il tema che io propongo nel mio articolo. Non me ne lamento. Faccio solo presente che se cercassi di rispondere a tutti probabilmente non ci sarebbero più nuovi post. Insomma, devo anch’io barcamenarmi in quella che, dopo tutto, resta un’attività gratuita nel mio tempo libero. Penso anche di capire che la naturale tendenza è quella di finire per essere più esigenti proprio con le persone che si dimostrano più generose.
Chiudo osservando come uno degli scopi dello spazio dei commenti è quello di consentire la discussione tra i lettori. Insomma, non è affatto necessario che io cerchi di dire continuamente la mia. Nè è questo quello che accade nei blog – più o meno di successo – che io seguo.
Cordiali saluti,
Giuseppe B.
Comprendo perfettamente; semplicemente la sua sollecitazione iniziale mi ha portato alla riflessione che le ho scritto.
Se poi, come mi dice, anche la sua casella di posta personale è destinataria di numerose email questo diventa ancor di più comprensibile.
In tutti i casi ritengo che talvolta aprire tutti i canali comunicativi crea TROPPE non MOLTE opportunità impedendo di fatto la soddisfazione sia di chi ne usa uno sia di chi ne usa un altro. Personalmente non mi sono mai neppure preoccupato di conoscere il suo indirizzo di posta personale dato che ho ritenuto questo del blog il canale meno “impegnativo” per dialogare per tutti; ma come lei saprà il mio indirizzo lo può conoscere dato che lo metto, nella massima trasparenza.
Leggo e frequento anch’io altri blog ma, francamente, con molta meno assiduità del suo e di alcuni altri di questo portale. Sa perchè ? Perchè sulla totalità dei messaggi la metà sono tra tizio e caio e sempronio su come stai, su dove vai, gli altri si dividono in autocelebrazioni della proprie capacità di trading e polemiche con insulti variamente assortiti. Cosa le voglio dire con questo ? Che manca spesso la QUALITA’ e la qualità di un blog la può creare chi gestisce il blog stesso, vuoi per capacità, vuoi per dedizione, vuoi per passione. Il dialogo tra i soli lettori, in genere, e questo è il mio parere, piano piano inaridisce.
Gent.mo Dott. Bertoncello,
faccio seguito alla Sua risposta fornita a GIM poco sopra, in particolare alla seguente parte:
“penso che con poco sforzo e costi insignificanti lei possa dotarsi di un conto che le consenta di investire anche fuori d’Italia. Glielo consiglio.”.
In relazione a quanto sopra, Le devo dire che ho il conto con Banca Fineco, banca online e quindi dai “cosi ridotti”. Vada per il poco sforzo, ma per i costi insignificanti forse non ci siamo proprio. Con Fineco vengono applicati (oltre alle commissioni non esattamente parche), nella maggioranza dei casi, anche dei diritti fissi di 9 euro ad operazione. Directa per il momento gestisce a commissioni “decenti” solo i titoli italiani e tedeschi.
Altri che permettano di investire sui mercati europei principali (per non avere l’incognita ed il rischio del cambio) non ne conosco, ma se ne conosce Lei di più convenienti ed a costi insignificanti, non esiti a farcelo sapere.
Un saluto ed un ringraziamento.
Non voglio difendere Fineco nè promuoverlo, ma commissioni dello 0,19% (Min 2,95€, Max 19€) + 9€ diritti fissi non mi sembrano stratosferiche, soprattutto per l’investitore di lungo periodo. Se parliamo di trader allora possono essere alte, ma in quel caso mi pare ci siano degli sconti.
Michele
Non sembreranno stratosferiche, ma 60 operazioni di compravendita titoli (30 di acquisto e 30 di vendita), tale è la strategia di Greenblatt, causerebbero con Fineco la spesa di 540 EURO all’anno solo a titolo di “diritti fissi”, NATURALMENTE COMMISSIONI ESCLUSE.
Non mi sembra propriamente un’inezia (in fondo per molti può essere la metà di uno stipendio) soprattutto per chi non ha grandi capitali da investire.
E poi magari, se c’è di meglio, perché non dirlo?
Ci mancherebbe, se c’è di meglio sono il primo ad approfittarne e a consigliarlo.
Provo a fare due conti veloci: supponendo di investire 1.000 euro ad azione (quindi 30.000 totali)il costo di transazione ammonterà a 717 euro (30x2x(2,95+9))che corrispondono al 2,39% sul capitale investito. Non è poco ma è cmq all’incirca pari al costo medio dei fondi azionari.
Chiaramente aumentando l’importo investito i costi in percentuale calano, mentre per importi inferiori forse conviene optare per un etf che investe sull’indice. Oppure impegnarsi nell’attività di selezione dei titoli che, come indicato da Greenblatt, permette di ridurre il paniere a 10-12 titoli.
Michele
Ringrazio per le domande…e le risposte.
Certamente investire in titoli azionari non italiani costa un po’ di più. Ma il beneficio che se ne ricava in termini di diversificazione compensa abbondantemente la spesa.
Ringrazio SOS Risparmiatore per i suoi calcoli e il suo ragionamento, che mi sembrano inappuntabili. Aggiungerei solo, a margine, che se si considera come un portafoglio possa essere costruito sia con titoli esteri che con titoli italiani, il costo complessivo si riduce rispetto a quanto da lui calcolato, facendo scendere ulteriormente la soglia di convenienza rispetto a un fondo comune azionario.
Per capitali molto esigui, però, è evidente che la strada da battere non può essere la formula di Greenblatt con un portafoglio di 30 titoli. Gli Etf, in quel caso, sono anche per me lo strumento migliore.
Il punto più importante resta comunque che per chi non abbia elevate capacità di analisi e selezione dei titoli, l’ampia diversificazione dell’investimento azionario deve essere sempre la base di partenza.
Cordiali saluti,
Giuseppe B.
Considerazioni condivisibili, quelle da Lei espresse sugli ETF, Dott. Bertoncello.
Tuttavia sugli ETF non abbiamo una strategia CHIARA, come nel caso della “formula vincente” (vendi i titoli che hai comprato un anno fa e comprane di altri), e non ci rimarrebbe che comprare quando “ce lo sentiamo”.
Il che non voglio dire che non possa essere fatto, ma è molto diverso dal seguire la tattica del buon Greenblatt, semplice e chiara.
A meno che…
A meno che non esista una strategia da adottare anche sugli ETF.
Marco, comprando etf si investe passivamente sul mercato sottostante e si ottiene il rendimento dell’indice di riferimento, che è diverso dall’adottare una strategia fondamentale di tipo attivo come quella di Greenblatt.
Ma nemmeno il “buon Greenblatt” ci dice quando comprare e, aggiungo io, nemmeno quanto comprare. Il fatto che la “formula vincente” indichi di vendere i titoli che comprati un anno fa e di comprane di altri non significa che sfrutta il timing per indicare il momento migliore per entrare (o uscire) dal mercato. Infatti il metodo si è dimostrato valido, nel lungo periodo, indipendentemente dal momento dell’investimento.
Nemmeno si può dire che dia indicazioni di asset allocation, cioè sull’allocazione degli investimenti tra liquidità, azioni, obbligazioni, ecc.
In sostanza anche seguendo Greenblatt sarà il singolo a decidere quanto investire nei titoli azionari e quando iniziare l’investimento.
Michele
Ciao Michele.
Almeno è una strategia CHIARA, cosa che non avviene nel caso dell’acquisto di ETF.
Dicevo molto semplicemente che, nel caso della strategia di Greenblatt, un qualunque investitore (accorto) ha un “modus operandi” ben chiaro e definito, viene detto “5-7 titoli ogni 2-3 mesi”.
O qualcosa del genere. Si vende e si riacquista dopo un anno. Tutto molto CHIARO, no?
Acquistando gli ETF lo stesso investitore (molto più accorto) si deve regolare con qualche altro sistema, o anche con le fasi lunari, se preferisce, o usando le successioni di Fibonacci.
C’era un post precedente, mi pare…
Volevo semplicemente dire che, anche per l’acquisto di ETF, uno deve avere UNA STRATEGIA.
E deve essere CHIARA.