Quant’è rischioso l’eccesso di fiducia in sé
Mi ha scritto un lettore facendo degli appunti, civili e motivati, a uno dei miei post. Gliene sono grato. Le critiche costruttive sono di stimolo e arricchiscono i punti di vista. Mi ha però colpito un particolare, il nickname di prettysmart, che come biglietto da visita mi è parso troppo impegnativo e anche – come vedremo – rischioso. Non conosco la persona che si cela dietro a una tale ammissione di talento fuori dal comune. E dunque non è di lei che parlerò. Ma del piccolo dettaglio di un nick vorrei approfittare per introdurre un grande tema che da tempo intendevo affrontare, e cioè quello dell’eccesso di fiducia nei nostri mezzi e dei guai che ne possono derivare per un investitore.
Il campo d’indagine, come molti già avranno capito, è quello della finanza comportamentale, nata negli anni ’70 grazie alle ricerche di due psicologi cognitivi, Amos Tversky e Daniel Kahneman.
Dai loro studi, nell’ultimo quarto di secolo, si è sviluppato un filone di riflessioni particolarmente feconde sui limiti delle nostre capacità cognitive e decisionali, che ha finito per mettere in crisi gli assunti più fondamentali della finanza classica.
Overconfidence, un errore cognitivo delle persone normali
Il senso di questa rivoluzione è stato riassunto, con rara efficacia, in una famosa frase di un altro dei suoi protagonisti, Meir Statman: “Le persone, nella finanza tradizionale, sono razionali. Nella finanza comportamentale, invece, sono normali.”
Se a partire dagli anni ’50 i modelli della finanza erano andati condensandosi in astrazioni dense di calcoli matematici, costruite attorno a degli agenti umani di cui si presupponeva la perfetta razionalità, poi, con l’avvento della finanza comportamentale, si sono fatti largo – per la prima volta – degli studi empirici da cui è stato possibile determinare come i nostri processi decisionali, in condizioni d’incertezza, siano popolati di errori sistematici.
Spesso, dunque, sbagliamo. E ciò accade perché le nostre informazioni sono incomplete e la nostra razionalità è influenzata dalle emozioni.
Tra le fonti più frequenti degli errori c’è, come scrive Matteo Motterlini nel bel libro Economia emotiva, “la nostra attitudine a credere di sapere cose che invece non sappiamo affatto, e ad attribuirci competenze e capacità superiori a quelle di cui effettivamente disponiamo.”
Si tratta della cosiddetta “trappola della sicumera” o “baldanza cognitiva”, un difetto di giudizio in cui tendiamo sistematicamente a incorrere per overconfidence, o eccesso di fiducia in noi stessi.
Le ricerche svolte negli anni sono ormai molte e portano a conclusioni inequivocabili. Il 90% dei guidatori svedesi, secondo uno di questi studi, considera se stesso migliore della media. Oppure, il 70% degli studenti di liceo americani si attribuisce capacità di leadership superiori alla norma, mentre va ancora peggio tra i professori, il 94% dei quali è convinto di svolgere il proprio lavoro meglio della media dei colleghi.
In un altro famoso test, un campione di persone è stato sottoposto a delle domande di cultura generale e richiesto di dire che fiducia avesse nelle risposte formulate. Tra le risposte ritenute esatte con un grado di fiducia del 100% solo poco più del 70% erano effettivamente corrette.
Competenza e livello di cultura non sono di per sé un rimedio contro gli errori di overconfidence. Anzi. Prendiamo ad esempio una professione elitaria come quella dei gestori di fondi.
Una ricerca – come riferisce Motterlini – ha chiesto a un campione di prevedere per ciascuno di 12 titoli se le quotazioni si sarebbero apprezzate o deprezzate in un certo arco di tempo. Il 47% delle predizioni si è rivelato corretto (meno di quanto ci si poteva aspettare per un semplice effetto del caso), ma la fiducia media manifestata dai gestori nella esattezza delle proprie previsioni è stata del 65%.
I pericoli dell’overconfidence nell’attività d’investimento
Quella di ritenersi pretty smart, proprio come proclama il mio lettore col suo nickname, è dunque una tendenza generalizzata. Ma a quali risultati porta?
Dal punto di vista evolutivo, l’essere dotati di overconfidence – in misura magari non proprio esagerata – potrebbe essere stato un vantaggio. Avrebbe cioè conferito agli esseri umani quella sicurezza di sé che avrebbe permesso di superare, grazie al mantenimento di forti motivazioni, delle sfide ambientali particolarmente critiche.
Nel mondo degli investimenti, però, la “baldanza cognitiva” è causa di una serie di guai che sono stati accuratamente documentati.
Come sintetizza Michael Pompian nel libro Behavioral Finance and Wealth Management, ci sono almeno quattro tipi di errore in cui gli investitori finiscono per essere indotti a causa di un sistematico eccesso di fiducia.
a) una volta che una scelta d’investimento è fatta, l’eccesso di fiducia nella sua correttezza spinge a ignorare quelle informazioni negative che dovrebbero normalmente fungere da segnali d’allarme. L’investitore overconfident, insomma, tende a soffermarsi solo sulle evidenze che confermano la bontà delle sue decisioni e a ignorare le evidenze contrarie. Così facendo, si espone al rischio di esiti negativi o persino catastrofici, violando quella che due grandi pensatori come Charles Darwin e Albert Einstein consideravano una regola aurea: l’esercizio costante dell’autocritica.
b) L’eccesso di fiducia porta all’overtrading, e cioè a un attivismo esagerato che fa lievitare i costi a scapito dei rendimenti del portafoglio. L’investitore “baldanzoso” si sente in possesso di conoscenze precise e privilegiate che sembrano continuamente promettere nuove opportunità di guadagno. Si tratta, però, di un’illusione.
c) L’investitore overconfident trascura le risultanze del passato e tende sistematicamente a sottostimare i rischi presenti nei mercati. Le ricorrenti crisi lo colgono impreparato.
d) La generale tendenza a sottostimare il rischio si evidenzia anche a livello di portafoglio, dove l’investitore troppo fiducioso in se stesso non si cura in genere di mettere in atto un’adeguata diversificazione. Il risultato è una concentrazione dei rischi ben superiore alla capacità di tolleranza.
La vera conoscenza
L’eccesso di fiducia, dunque, è un errore grave da cui l’investitore accorto deve imparare a guardarsi, esercitando assiduamente le sue capacità critiche e auto-critiche.
Ritenersi pretty smart è solo causa di guai, come insegna Charlie Munger, l’acuto e saggio socio di Warren Buffett:
“Persone come noi hanno tratto un enorme vantaggio nel lungo periodo dal tentativo costante di agire evitando di essere stupidi anziché cercando di essere molto intelligenti. Ci dev’essere una qualche saggezza nella massima che dice: ‘Sono i nuotatori forti che finiscono per annegare’.”
Il pensiero, naturalmente, corre alla straordinaria parabola di LTCM, l’hedge fund dei “geni”, costituito nel 1993 dal più brillante bond trader di Wall Street in partnership con due premi Nobel. Dopo quattro anni di funamboliche performance – rendimenti annui del 40% e bassa volatilità – il fondo collassò miseramente nel giro di appena cinque settimane durante l’estate del 1998.
John Meriwether, Robert Merton e Myron Scholes, a differenza di Charles Munger e Warren Buffett, avevano dimenticato uno dei principi di base di una saggezza antica, che già Confucio (nella foto in alto) aveva così espresso:
“La vera conoscenza consiste nel sapere che si sa quello che si sa e che non si sa quello che non si sa.”
Ciao Giuseppe, sono Alex di HyperTrader.
Un caloroso benvenuto e sentiti complimenti.
Buon Lavoro
“Persone come noi hanno tratto un enorme vantaggio nel lungo periodo dal tentativo costante di agire evitando di essere stupidi anziché cercando di essere molto intelligenti. Ci dev’essere una qualche saggezza nella massima che dice: ‘Sono i nuotatori forti che finiscono per annegare’.”
Questa citazione la trovo particolarmente bella ed utile giorno per giorno 😉
sono un estimatore della behavioural finance e, fra i suoi autorevoli sostenitori che leggo frequentemente e che più apprezzo c’è James Montier, già Dresdner ed oggi in SocGen.
Questo il suo blog:
http://behaviouralinvesting.blogspot.com/
purtroppo non molto aggiornato (io ricevo però le sue newsletter da anni).
Ciò detto concordo con l’articolo, salvo, forse, per l’esempio del LTCM, il cui default ha motivazioni molto complesse, non limitabili ad un eccesso di fiducia dei suoi fondatori.
Buongiorno, forse l’eccesso di fiducia nei propri mezzi e conoscenze si riscontra più in un blog che su un forum dove il dibattito sarebbe più aperto e nessuno si ergerebbe ad oracolo.
P.S. L’articolo è interessante e recentemente ho avuto modo di leggere il libro di Motterlini.
Saluti
Luca
Scusa Luca,
ma io nei forum ho sempre trovato “smanettoni” con la voglia di dimostrare chissà che cosa…sui blog invece vedo e discorro con gente che semplicemente si confronta.
E poi avere un blog significa essere un oracolo??
Per me avere un blog significa “mettersi in gioco”.
Personalmente sono stata SACCHEGGIATA da private banker istituiti appositamente dalla Banca per fornire (a loro dire) un personale ed ottimo servizio alla clientela “Prime”.
Quando mi sono recata da un legale mi ha fatto notare cosa io SULLA FIDUCIA ho firmato (Gestioni patrimoniali, polizze vita, polizze unit linked che mi hanno solo fatto perdere.
Ora sono cambiati in me TUTTI i concetti di FIDUCIA, addirittura i private banker mi dicevano che la ns.Banca aveva ricevuto le ispezioni della Banca d’Italia, dell’allora governatore Fazio e che il rating era ed è valido. In effetti solo la banca ha guadagnato e la spazzatura l’ho pagata io ed altre come me.
Penso che una volta persa la fiducia MAI PIU’ si torna a fare “i risparmiatori”, meglio fare prestiti a CONOSCENTI interponendo un bravo Avvocato che legalizzi l’obbligazione personale tra due individui dove si configura un dare un avere e un interesse ( se avessi dato un capitale di un miliardo ad un costruttore edile almeno mi sarebbero rimaste le case da vendere……dalla Banca mi è rimasta la BEFFA e le loro chiacchiere VUOTE e SPORCHE come sporco è stato chi ha coperto e copre il RICICLAGGIO finanziario).
Ringrazio Alex, Argema e AC per i loro commenti e il benvenuto.
Mi fa piacere che AC abbia nominato James Montier, che è uno dei miei analisti preferiti. Ho in cantiere un post in cui parlerò di lui e del suo ultimo libro, Behavioral Investing.
Giuseppe B.
Ale,
mi dispiace che tu ti sia ritrovata nel mucchio dei tanti risparmiatori italiani che in questi anni hanno scoperto, con raccapriccio, la vera natura del loro rapporto con le banche.
Penso che perchè il futuro possa essere diverso si debba operare per ridurre l’enorme asimmetria informativa che c’è stata sin qui tra banche e risparmiatori. Com’è ovvio, non è questo un compito che può essere devoluto alle banche stesse.
La crescita di Internet offre grandi opportunità in tal senso: un’informazione più libera e plurale, più possibilità di efficace auto-organizzazione da parte dei soggetti economicamente meno forti.
Un qualche rapporto di fiducia nel prossimo, però, andrà ricostruito. Negli investimenti è sano coltivare lo scetticismo ed evitare gli eccessivi entusiasmi. Arrivare però al punto di fuggire dai mercati finanziari per ripararsi in un’economia localistica e quasi familiare, limitata ai soli “conoscenti”, come tu ti sei ridotta a fare, mi sembra troppo. Spero che saprai trovare modi più equilibrati e soddisfacenti di vivere la tua dimensione economico-finanziaria senza finire vittima degli “squali”.
Cordiali saluti,
Giuseppe B.
Aggiungo a quanto detto da Giuseppe sub 8 che, per fortuna, qualcosa si è mosso e si sta tuttora muovendo, anche se molto lentamente, sul fronte normativo. Da ultimo, il c.d. “Livello 3 Mifid”, di cui mi sto occupando in questi giorni. Per chi non lo conoscesse:
Fai clic per accedere a consultazione_intermediari_20080526_livello_3.pdf
Dunque anche la Consob, con tutti i suoi difetti, spingerà gli intermediari verso una maggiore trasparenza e tutela dei risparmiatori: non sarà una garanzia completa, ma meglio di niente!
😉
Salve, potrei avere dei consigli su libri da leggere di Finanza Comportamentale? Sia in italiano che in inglese. Grazie mille.