Sell in May e compra a novembre?
“Sell in May and go away” è uno dei più noti adagi di Wall Street. Per un ottimo motivo. Negli anni ha infatti riassunto, in una sintesi infantile ma efficace, la più semplice delle strategie per fare fortuna come investitore. “Vendi a maggio e vai via (in vacanza)”, recita dunque la raccomandazione. Con un sottinteso: torna a novembre, e, per un semestre, non farti sfuggire il rally delle Borse.
Detta così, la cosa appare poco credibile. Sembra una presa in giro tanto delle teorie accademiche sull’efficienza dei mercati, che degli enormi sforzi profusi da generazioni di investitori – con grande dispendio di intelligenze e capitali – per scoprire gli arcani segreti per battere gli indici.
Eppure, per tanto tempo ha funzionato, sfruttando la più straordinaria delle ciclicità dei mercati azionari, per cui a un semestre di andamenti tipicamente molto positivi, da novembre ad aprile, è spesso seguito un semestre di stasi, delusioni e anche crolli improvvisi, da maggio a ottobre.
I tentativi di spiegazione, ovviamente, non sono mancati e hanno finito per concentrarsi su una certa stagionalità nei comportamenti della massa degli investitori, che tendono ad avere una maggiore disponibilità di nuovi capitali da riversare in Borsa verso la fine o l’inizio dell’anno, e sono invece più propensi a tirare i remi in barca o ad assentarsi del tutto nel periodo delle vacanze estive.
Sta di fatto che i dati sono inconfutabili e scioccanti. Calcola Jeffrey Hirsch, editore dello Stock Trader’s Almanac (nella foto), una newsletter che da decenni si è specializzata nel passare al setaccio tutte le bizzarrie dei mercati azionari, che un risparmiatore che avesse investito nell’indice Dow Jones 10mila dollari nel novembre 1950, restando ogni anno pienamente investito nei “sei mesi migliori” per passare invece ai titoli di stato a breve termine nei “sei mesi peggiori”, avrebbe visto il suo capitale crescere a 544.323 dollari alla fine del 2006.
E se avesse fatto il contrario, investendo cioè in titoli di stato da novembre ad aprile per passare alle azioni da maggio a ottobre? Il risultato sarebbe stata una perdita di 272 dollari! Insomma, la prima strategia avrebbe reso 56 volte più della seconda.
E’ dunque tempo di puntare a occhi chiusi sulle Borse, lasciando perdere tutte le analisi rompicapo (e, sembrerebbe, inutili) sulla crisi dei mutui, i rischi di recessione negli Usa, i pericoli di crollo in Cina, la corsa incontrollabile del petrolio e il declino del dollaro?
Prima di cedere alle irrazionalità del calendario, ho voluto fare un’ultima verifica, scovando infine qualcosa di interessante sul blog Think BIG di Bespoke Investment Group.
Ecco il grafico:
Ed ecco la spiegazione. Le due linee mostrano i rendimenti medi dell’indice Dow Jones nel corso dell’anno, da novembre a ottobre, negli ultimi 25 anni (linea rossa) e negli ultimi 5 anni (linea blu).
Risulta evidente come il semestre novembre-aprile sia stato molto più redditizio del semestre maggio-ottobre nella media degli ultimi 25 anni. Ma negli ultimi 5 anni le differenze sono praticamente scomparse.
Cinque anni sono pochi per trarre conclusioni definitive. Ma l’impressione è che, come succede a tutte le idee d’investimento quando diventano troppo note e abusate, anche il “Sell in May and go away” abbia smesso di funzionare.
Un altro elemento di prevedibilità e inefficienza del mercato, insomma, se ne va. “Selling in May goes away”.