Asset allocation: una fugace premessa
Ho deciso di scrivere di asset allocation da quando, oltre una settimana fa, nel mettere assieme il mio post Investor education, l’Italia a confronto, sono incappato nella ricerca di Borsa Italiana su Investitori retail e Borsa. Una parte che allora non ho citato riguarda la diversificazione (o meglio, la mancanza di diversificazione) nei portafogli degli italiani.
Dice il rapporto:
“Complessivamente, il 19,7% delle famiglie (italiane, ndr) nel corso del triennio 2001-2003 ha detenuto, acquistato o venduto strumenti azionari.”[…]
“Più della metà degli intervistati si ritiene a vario titolo un investitore ‘conservatore’”.[…]
“La detenzione diretta di azioni, in gran parte domestiche, assorbe circa un quarto della ricchezza finanziaria complessiva” (considerando anche l’investimento azionario indiretto attraverso fondi la detenzione di equity raggiunge il 31,7%, e risulta la seconda asset class per peso relativo in portafoglio dopo la liquidità). […]
“I dati di dettaglio rivelano come tale quota sia raggiunta investendo in un numero ridotto di titoli, attraverso portafogli molto concentrati. Il 93,5% degli investitori in azioni italiane possiede meno di 5 titoli, e 3 su 4 circa ne possiedono al massimo due.” (Queste azioni sono per l’84,1% Blue Chip, per il 7,2% mid & small caps, e per l’8,7% azioni dell’ex-Nuovo Mercato, una percentuale che pur essendo scesa di molto rispetto al 2001, resta nettamente sopra la sua quota di capitalizzazione complessiva, pari all’1,7%).
Purtroppo, e in una parola, si tratta di una gestione dei portafogli dissennata: troppo concentrati, troppo italiani, troppo sovrappesati sulle rischiosissime micro-cap dell’ex-Nuovo mercato.
E c’è pure una metà e passa del campione che si considera un investitore “conservatore”. Per certi versi conservatori lo sono sin troppo, nel senso che la preferenza per la liquidità è in genere eccessiva. Ma per la parte di investimento azionario, è evidente che molti non hanno ideadei rischi che corrono.
C’è dunque un bisogno enorme di parlare di asset allocation, di capire cos’è, a cosa serve, e come si fa.
Il libro migliore che io abbia letto a questo proposito è The Intelligent Asset Allocator di William Bernstein, un lavoro di grande valore divulgativo e giustamente famoso negli Usa, ma, temo, sconosciuto o quasi da noi.
Pubblicato 6 anni fa, non è mai stato tradotto in italiano. Ed è anche assente, per quel che ho potuto verificare, dai cataloghi di editori italiani che vendono opere in lingua inglese. E’ disponibile, su CDbox.it, la versione CD del libro, ma a un prezzo che sconsiglio. Molto meglio approfittare del dollaro debole e della ben più economica offerta di Amazon.com.
Ritornerò dunque quanto prima al libro di Bernstein per riflettere sulle sue lezioni più importanti e capire come si può diventare un “allocatore intelligente”.
P.S.: Clicca qui per leggere l’articolo in cui ho poi approfondito la questione.
Buoni articoli. Da leggere attentamente.