Mercati azionari, un rimbalzo senza qualità
Dai minimi di metà luglio i mercati azionari hanno in genere recuperato poco più di un terzo di quanto avevano ceduto nell’ondata ribassista che li aveva travolti nei due mesi precedenti. Il rimbalzo, partito con la ferocia tipica di uno short covering rally, ha poi perso d’intensità per il permanere di forti dubbi sulle prospettive dei settori immobiliare e del credito e, più nel complesso, di una congiuntura globale in progressivo deterioramento. Anche se, negli ultimi giorni, una nuova spinta rialzista è venuta dalla precipitosa caduta dei prezzi del petrolio e delle materie prime in genere.
Come cercherò di mostrare in altri post nei prossimi giorni, la mia percezione è che i fondamentali, nelle ultime settimane, siano peggiorati e che una certa parte degli analisti e degli operatori di mercato continui a coltivare pericolose illusioni. Il peggio non è passato, né nel settore immobiliare né in quello del credito. Mentre la crisi, partita dagli Usa, ha finito per globalizzarsi investendo in pieno l’Europa senza risparmiare l’Asia.
Se qualche mese fa la Federal Reserve era ancora in grado di promettere una graduale ripresa del ciclo americano a partire dalla seconda metà dell’anno, ora la sensazione sgradevole che si fa strada è che invece anche l’ultimo puntello dell’economia Usa – l’export – stia perdendo colpi via via che la congiuntura internazionale si appanna e si allunga la lista dei paesi sull’orlo della recessione: oltre agli Usa, la Gran Bretagna, la Spagna, l’Italia, la Germania, la Francia, il Giappone, il Canada…vale a dire, tutte le principali economie avanzate.
Qui, però, vorrei tralasciare l’analisi dei fondamentali e limitarmi a dare uno sguardo alla qualità, dal punto di vista tecnico, del rimbalzo delle Borse dai minimi di luglio. Come ho già fatto in passato, vorrei citare uno dei miei analisti preferiti, Brett Steenbarger (nella foto in alto), e il suo splendido blog TraderFeed.
In un post pubblicato ieri, Steenbarger osserva come i nuovi massimi fatti segnare da alcuni indici, come l’S&P 500, il Nasdaq e il Nasdaq 100, non si siano accompagnati a un’espansione del numero di titoli che – nei vari mercati americani (New York Stock Exchange, Nasdaq, American Stock Exchange) – hanno registrato nuovi massimi (New High) negli ultimi 20 giorni.
Quello che segue è il grafico che mette a confronto l’andamento dell’S&P500 con i New High. Come si nota, il numero (in blu) è in costante calo.
Inoltre, quando ieri gli indici Usa si sono spinti oltre i precedenti picchi della settimana precedente, a partecipare al rally sono stati solo alcuni comparti, mentre si è fatta notare l’assenza dei due settori che nell’ultimo anno hanno trainato al ribasso i mercati, e cioè finanziari e immobiliari.
La conclusione che ne ricava Steenbarger è che, sinora, il rimbalzo dai minimi di luglio non è convincente. Sia a livello di settori che di titoli, la partecipazione al rialzo è selettiva e, nel complesso, troppo angusta per ispirare fiducia.
In altri termini, quando muove al rialzo il mercato, in queste ultime settimane, si comporta come un esercito dove la truppa è riluttante a seguire i generali. Si tratta di una condizione che avevo già messo in evidenza in un post a metà maggio, e che allora, assieme a diverse altre considerazioni, mi aveva portato a concludere così:
“Il rally dai minimi di marzo, per quanto apparentemente vivace nell’andamento di prezzo degli indici, è stato in verità asfittico e fragile. Non è di questa pasta che sono fatte le fasi iniziali di un nuovo bull market, che sono invece cariche di energia repressa […] La situazione può cambiare. La mia analisi è senz’altro fallibile e incompleta. Ma, al momento, sarei molto sorpreso di vedere il rally continuare ancora per molto. Più probabile, mi pare, è che prima o poi si torni ai minimi di marzo per spingersi, magari, anche oltre.”
Si tratta di conclusioni che allora si sono rivelate corrette (le Borse fecero dietrofront esattamente una settimana più tardi) e che mi sento di confermare, più o meno immutate (la sola differenza, direi, è che il rally dai minimi di luglio è stato meno vivace di quello dai minimi di marzo) anche oggi.
Complimenti ottime osservazioni.
Mancherebbe in realtà anche una fase di assestamento; non mi pare frequente che le fasi rialziste e ribassiste si alternino con questa velocità e senza una pausa. Che ne pensi? 🙂
Salve Dr. Bertoncello,
volevo solo ringraziarLa per il blog che seguo da mesi e sul quale mi sono ripromesso di lasciare qualche feedback.
Condivido le Sue analisi (quasi tutte) e aggiungo solo che appena ci sarà il panico vero – che ancora non ho visto, ma che non ritengo molto lontano vista la stagionalità sballata (primi di settembre?) noi di certo saremo lì a raccogliere.
Attendo con sincero interesse, il terzo capitolo del genio di Brabai.
Buone ferie e buon ivesting !
Ringrazio D-trader, Argema e Leon.
Ad Argema vorrei dire che la fase di consolidamento mi pare che il mercato la stia attraversando da metà luglio in qua. Dal punto di vista tecnico, la mia interpretazione è che gli indici azionari principali – e anche l’S&P/Mib – nelle ultime settimane hanno disegnato un rising wedge, una tipica figura di ritracciamento e di pausa che prelude a una continuazione del trend ribassista.
Qualcuno si chiederà che razza di “pausa” sia quella di un mercato che in questi giorni alterna freneticamente salite e discese quotidiane del 2% o più. Ma così sono fatti i bear market. La volatilità è mediamente elevata e raggiunge di tanto in tanto picchi parossistici in occasione delle inevitabili crisi di panico.
Mi preme anche aggiungere che non farei mai dipendere – come spero abbiano ben compreso i lettori del mio blog – la mia strategia d’investimento dal fatto che quello tracciato dagli indici azionari nelle ultime settimane sia davvero un rising wedge o no. Il mio grado di fiducia in questo tipo di lettura del mercato NON è elevato.
Resta il fatto che, prima ancora di quelli tecnici, ci sono molti altri fattori che mi portano a ritenere più probabili – in un orizzonte temporale che non so esattamente prevedere – nuovi ribassi.
Su un aspetto curioso di questi giorni, in particolare, vorrei spendere qualche parola. La motivazione che viene portata a giustificazione dei rialzi (peraltro intermittenti) degli ultimi giorni sono i pesanti ribassi dei prezzi delle materie prime e del petrolio in specie.
La “regola” a cui molti investitori sembrano attenersi è che tra azioni e materie prime ci deve essere una correlazione inversa (che è certamente quella che ha prevalso dall’avvio del bear market azionario). Dunque, se le seconde ora scendono vuole dire che le prime finalmente vanno comprate.
A marzo, in un post dal titolo “Asset allocation: perché conviene diversificare” (link http://investitoreaccorto.investireoggi.it/asset-allocation-perche-conviene-diversificare.html) avevo incluso dei grafici con le correlazioni storiche (purtroppo solo fino agli inizi del 2006) tra le principali classi di asset. C’è anche la correlazione tra azionario Usa e indice CRB, da cui si può notare come non c’è un nesso stabile. Fermo restando che le due classi di asset hanno mediamente una bassa correlazione, cosa che rende appetibile il mix azioni/commodities a fini di diversificazione, ci sono periodi in cui il nesso è positivo e altri periodi in cui è negativo. In particolare, la correlazione tende a farsi positiva in occasione delle recessioni economiche. Tra l’estate del 2000 e l’autunno del 2001, quando i mercati azionari andarono a picco e l’economia Usa entrò in recessione, il prezzo del petrolio si dimezzò.
Per concludere, la “regola” a cui i mercati azionari, in questi giorni, sembrano attenersi, a me pare priva di senso e carente sotto il profilo dei precedenti storici. I prezzi delle commodities stanno cedendo perchè la domanda, negli ultimi mesi, si è sgonfiata. E questo accade perchè, a livello globale, il ciclo economico ha preso una piega molto peggiore del previsto (o almeno di quanto previsto dal consenso).
Gli analisti, in America, mettono ancora in conto aumenti degli utili aziendali nel terzo e quarto trimestre dell’anno buoni, nel primo caso, e addirittura stratosferici nel secondo caso. Penso si tratti di illusioni che quando cominceranno a essere infrante lasceranno sui mercati azionari cicatrici profonde.
Giuseppe B.
Ho l’impressione che ci siano pochi commenti al suo ultimo post, perchè …molti lettori di questo blob, incluso il sottoscritto, sono stati finora dei convinti “discesisti” e, di conseguenza, le sue osservazioni suscitano parecchie perplessità.
Personalmente lo scorso week-end (11-8-08) ho ammesso che stavo andando in tilt, non avevo idee e prevedevo una lunga fase di “limbo” dove saremmo stati attori “inermi ed inerti”. Venerdi 17 ho chiuso tutti gli “short” (e ne avevo anche da lunga data) ed ho inizato un “timido” PAC al rialzo, partendo dal presupposto che se ci saranno ancora cali significativi sui valori di borsa, andranno a incidere su valori già molto bassi. In sintesi, naturalmente senza rischiare più di quel tanto, mi trova in sintonia con le sue considerazioni.