Un punto di vista contrario: Ken Fisher
Un investitore accorto rifiuta il dogmatismo, presta attenzione ai punti di vista più diversi, purché ben argomentati, elabora le sue opinioni in modo critico e libero da pregiudizi. Da quando questo blog è nato, la scorsa primavera, le mie valutazioni sul ciclo economico e sulle Borse sono state improntate a un fondamentale pessimismo. Tuttavia, al cospetto dei mercati finanziari, il mio istinto è di non sentirmi mai sicuro. Investo i risparmi di famiglia in modo da dormire sonni tranquilli. Ma non ho certezze sulle mie mosse o sui rendimenti che potrò ottenere.
Questa insicurezza mi preoccupa? No, anzi mi inquieterei della sua assenza. E così, un po’ per tener desto un certo senso di allerta, un po’ per esercitare quello spirito critico che fa parte di me, vado spesso a leggere opinioni contrarie alle mie.
Un grande investitore che dal 2002 non ha smesso di essere bullish, dopo aver azzeccato molti dei punti di svolta delle Borse negli ultimi due decenni, è Ken Fisher (nella foto in alto), Ceo di Fisher Investments, columnist della rivista Forbes e autore di svariati libri di successo (l’ultimo, pubblicato lo scorso anno, si intitola The Only Three Questions That Count).
Nei suoi due ultimi articoli per Forbes, pubblicati a gennaio e a febbraio, Fisher ribadisce il suo ottimismo.
Per lui, l’attuale situazione richiama alla mente il 1998, quando la crisi valutaria asiatica, il default russo e il collasso del fondo LTCM fecero temere una crisi sistemica dei mercati finanziari, spronarono la Federal Reserve a tagliare i tassi d’interesse, ma si risolsero alla fine in un’annata più che positiva per le Borse occidentali. L’S&P 500, quell’anno, guadagnò il 28%.
Tra i motivi di conforto che Fisher cita, c’è il fatto che – a dispetto dei ben noti problemi degli Usa – l’economia internazionale, che è due volte quella americana, continua a marciare di buon passo. Alla fine, tra stimolo fiscale e monetario e sostegno dall’estero, anche gli Usa – dice Fisher – faranno meglio del previsto.
I mercati azionari, secondo Fisher, sono poi valutati a buon prezzo, soprattutto se si tiene conto del basso livello dei tassi a lungo termine, che rendono le obbligazioni un’alternativa meno appetibile.
Infine, il ciclo presidenziale ci dice che solo in tre occasioni, nella sua intera storia, l’indice S&P 500 ha chiuso in negativo il quarto anno di un mandato presidenziale americano: si tratta del 1932, al fondo della Grande Depressione, del 1940, all’avvio della seconda guerra mondiale, e del 2000, in seguito allo scoppio della bolla tecnologica (ma in quest’ultimo caso, escludendo il settore tecnologico, il mercato avrebbe chiuso l’anno in positivo).
Per Fisher non siamo dunque entrati in un bear market. L’attuale fase di ribassi è solo una correzione in un bull market che non dovrebbe finire prima del 2009.
Come in tutti i periodi terminali di un bull market, caratterizzati da un aumento della volatilità e della selettività da parte degli investitori, saranno i titoli a larga e larghissima capitalizzazione ad assumere la leadership e a guidare gli indici al rialzo.
Ora che ho riassunto le idee di Fisher, posso dire di trovarle persuasive?
Le osservazioni che considero fondate riguardano il ciclo presidenziale, di cui ho già parlato in un post a ottobre, e la previsione, basata sulle esperienze del passato, che il settore guida del mercato saranno le large cap e, in genere, i titoli di superiore qualità.
Ma resto in disaccordo sulla valutazione che i mercati azionari sono trattati a sconto, come ho più volte scritto in questo blog, da ultimo nel post Borse, tassi e bufale a mezzo stampa a fine ottobre (da allora, certo, le quotazioni sono scese, ma non abbastanza da annullare l’enorme sopravvalutazione evidenziata dalle stime di Andrew Smithers, il cui più recente aggiornamento riporto qui sotto).
Infine, trovo poco convincente il parallelo col 1998. Allora le crisi finanziarie investirono la periferia del sistema. Oggi la bufera sta colpendo il centro, e le dimensioni sono molto più preoccupanti, come ad esempio ho cercato di mostrare nei post Le banche, i mercati e la bolla del credito, oppure ne Il triste autunno del mercato della casa, o ancora in Buffett, Gross e gli schemi di Ponzi delle banche.
Per ora, resto dunque del mio parere. Ma continuerò a leggere Fisher, in cerca di qualcosa che nutra le mie incertezze, da cui penso di aver poco da temere. Come infatti scriveva Jorge Luis Borges, “il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza.”