Qualche grafico sulla crisi dell’economia Usa
Dopo aver licenziato, un po’ frettolosamente, il mio post Recessione, Borse e ottimismo al Sole 24 Ore, mi sono imbattuto in diversi articoli interessanti che analizzano lo stato dell’economia Usa anche con l’ausilio di grafici più eloquenti di molte parole. Contestando la superficiale interpretazione data dal Sole 24 Ore ai dati macroeconomici americani della scorsa settimana, scrivevo domenica che le vendite al dettaglio erano apparse migliori del previsto solo a causa degli aumenti dei prezzi della benzina e dei beni alimentari. Quella che veniva spacciata per una tenuta dei consumi era solo inflazione.
Ho poi trovato il seguente grafico sul blog The Big Picture di Barry Ritholtz. E’ tratto da Haver Analytics e illustra l’andamento delle vendite al dettaglio in termini reali, depurati cioè dall’effetto distorsivo delle variazioni dei prezzi.
Come si vede, per la prima volta in questo ciclo, il tasso annuo di crescita è diventato negativo. E per Walter Riolfi de Il Sole 24 Ore questo sarebbe un motivo di ottimismo? Gli consiglio di leggersi il commento di Ritholtz: “(Il dato) suggerisce con forza che una recessione o è già in corso o è destinata a iniziare da un momento all’altro.”Nel mio post analizzavo poi la situazione del mercato del lavoro, che l’articolo de Il Sole 24 Ore trascurava di menzionare. Citavo, tra l’altro, il terribile rapporto sull’occupazione diffuso all’inizio del mese, la cui serie storica (con le variazioni mensili, in migliaia, a sinistra, e quelle annuali, in termini percentuali, a destra) è rappresentata nel grafico qui sotto, a cura di Barron’s Econoday, e tratto di nuovo da The Big Picture.
Il calo di 17 mila occupati a gennaio (il dato più negativo dall’agosto del 2003) è stato non solo molto al di sotto delle attese di consenso, ma anche peggiore della più pessimistica tra le stime formulate in precedenza dagli 80 analisti interpellati da Bloomberg.Nel mio post di domenica, non citavo invece – perché lo speranzoso articolo de Il Sole 24 Ore non me ne aveva offerto l’opportunità – il sondaggio ISM sul settore dei servizi, pubblicato all’inizio del mese.
Si è trattato del dato macroeconomico che di recente ha creato più sconquasso sui mercati, provocando un brusco calo delle Borse di un paio di punti percentuali – e per buoni motivi.
L’indice ISM è costruito in modo tale per cui il livello di 50 fa da spartiacque tra espansione e contrazione. Si tratta – ricordiamolo – di un affidabile sondaggio tra i responsabili degli acquisti di imprese operanti nel settore dei servizi, che rappresenta oltre l’80% dell’economia americana.
Le attese di consenso prevedevano una lieve flessione dal 53,9 di dicembre al 52,5 di gennaio. Il risultato è stato invece di 41,9, come indica il seguente grafico della Federal Reserve di St. Louis:
E’ il dato peggiore dall’ottobre 2001, subito dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre – quando l’economia Usa già era in recessione. Il crollo di 12,5 punti in un solo mese non ha precedenti nella storia dell’indice.
Nessuna componente dell’ISM ha offerto il benché minimo motivo di conforto. Tra i molti dettagli preoccupanti, su uno in particolare si è soffermato Paul Krugman (nella foto in alto) nel suo blog The Conscience of a Liberal. Il sotto-indice relativo all’occupazione è sceso dal 52,1 di dicembre a 43,9. Indica dunque che gli occupati nel settore dei servizi hanno iniziato a contrarsi. Ma di quanto? C’è un modo per stimarlo?
Krugman ha costruito una matrice dove ogni dato mensile della componente occupazione dell’indice ISM – dal luglio 1997 – è stato incrociato con il saldo pubblicato nel rapporto sull’occupazione del mese successivo.
Il risultato è quello che segue (i dati ISM sono sull’asse orizzontale, i risultati del rapporto sull’occupazione del mese successivo – espressi in migliaia di unità – sull’asse verticale):
La prima cosa che si nota è che la relazione è alquanto stabile: l’ISM ha cioè una notevole capacità predittiva dell’andamento reale del mercato del lavoro.
La seconda cosa ce la dice Krugman: il 43,9 del sotto-indice ISM corrisponde a una perdita, nel rapporto sull’occupazione del prossimo mese, di 137 mila posti di lavoro (dopo l’inatteso calo di 17 mila unità annunciato all’inizio di questo mese).
Il numero, naturalmente, è solo frutto di un calcolo statistico su dati del passato. Non va preso troppo alla lettera. Ma c’è di che tremare. “Se il dato ISM non è del tutto sballato – conclude Krugman – siamo già in piena recessione.”
Nel mio articolo di domenica, infine, non ho parlato del mercato della casa – di nuovo perché la rubrica de Il Sole 24 Ore non ne faceva cenno.
Ma sappiamo come i guai dell’economia Usa proprio da lì traggano origine. E’ allora importante chiedersi: come va il mercato della casa? C’è almeno qualche segno di stabilizzazione, dopo il collasso dell’ultimo anno?
No, il mercato della casa continua a peggiorare, come mettono in chiaro due grafici tratti dal blog Think B.I.G. di Bespoke Investment Group.
Il primo ci mostra il più recente aggiornamento (relativo al novembre scorso) dell’indice S&P/Case-Shiller sull’andamento dei prezzi degli immobili nelle dieci principali aree urbane americane: dal picco registrato nella seconda metà del 2006 i prezzi segnano un calo medio del 9,4%. Mese dopo mese, la flessione si va accentuando.
Quel che è più grave, le aspettative continuano a deteriorarsi, come evidenzia la tabella qui sotto, che sintetizza l’andamento dei contratti future, con scadenza novembre 2008, scambiati al Chicago Mercantile Exchange (CME).
Al momento, i contratti scontano che a novembre la flessione annua dei prezzi (annua e non dal punto di massima, come nel primo dei due grafici di Think B.I.G.) sarà, nella media (Composite 10), del 9,89%. Questa previsione – come indica l’ultima colonna – è peggiorata del 6,67% negli ultimi tre mesi!
“Spiragli di ottimismo”, scriveva il Sole 24 Ore. Ma dati alla mano, appare evidente come solo l’export regga ancora. Per il resto, mercato della casa, consumi delle famiglie, servizi e occupazione sono o stanno entrando in una crisi sempre più cupa.
Cia Giuseppe,Voglio farti i complimenti per i contenuti del tuo blog; ne ho inaugurato uno anchio da un paio di mesi. Si chiama Financialmarketslab e in questo spazio web parlo di mercati finanziari, macroeconomia, analisi tecnica e fondamentale e ….chi più ne ha più ne metta.Un saluto!
Ti ringrazio per i complimenti e ti faccio gli auguri migliori per la tua iniziativa. In Italia c’è un grande bisogno di informazione finanziaria indipendente, realizzata da soggetti professionalmente qualificati e i cui interessi siano allineati a quelli dei lettori.Cordiali saluti,Giuseppe B.
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