Perché la Borsa italiana è maglia nera in Europa?
Il CorrierEconomia di oggi annuncia in prima pagina il pezzo forte della sua sezione Investimenti: un’inchiesta che si propone di svelare i motivi per cui la Borsa di Milano, da qualche mese, sta performando peggio di molti altri indici azionari, europei e americani. A pag. 21, una tabella, sotto al titolo “Piazza Affari, la maglia nera cerca il riscatto”, evidenzia i “dati del declino”: rispetto ai massimi di fine primavera o inizio estate, il mercato italiano è quello che perde di più.
Non solo, lamenta il giornale, è anche l’unico (assieme a Parigi) che si presenta più caro oggi di quanto non fosse dopo le correzioni del maggio 2006 o dell’estate 2005: il rapporto prezzo/utili correnti è infatti salito, mentre per Wall Street, Londra e l’area euro è sceso.
Cospirazione contro il lettore
Ma davvero ci vogliono un’intera paginata del grande Corriere della Sera, tre articoli, e presumibilmente una settimana o quasi di lavoro di due ben remunerati giornalisti per rispondere a questi terribili dilemmi? E per farlo, pure, in modo confuso e incompleto?
Viene in mente l’arguto detto di George Bernard Shaw, secondo cui “tutte le professioni sono delle cospirazioni contro i profani.”
Nel nostro caso, al povero lettore l’inchiesta di CorrierEconomia presenta interpretazioni su interpretazioni – peso eccessivo dei titoli finanziari, effetto parco-buoi, mercato chiuso e scarsa contendibilità, etc. etc. – per cercare di venire a capo del problema della performance, mentre subito si dimentica della questione dei multipli, a cui più non accenna pur dopo averla sbandierata nei titoli e nella tabella introduttiva.
E’ nella natura dei blogger arrabbiarsi, a volte anche per futili motivi. Ho così preso a smanettare su Internet, e in quattro e quattr’otto, all’ora di pranzo, questo è quello che ho trovato (informazioni pubbliche, con l’aggiunta di un minimo di buona volontà e raziocinio).
A) Come tutti sanno, la crisi che ha colpito i mercati nel corso dell’estate si è originata nel comparto dei mutui subprime americani. Da qui si è estesa al mercato del credito e al settore finanziario nel suo complesso, in America e a livello globale.
Ci sarebbe allora da stupirsi se il settore finanziario, un po’ dovunque, fosse il più penalizzato in Borsa? No, è proprio quello che anche l’osservatore più sprovveduto si aspetterebbe. E infatti così è.
I grafici che riproduco, ripresi da Bespoke Investment Group, e relativi al mercato Usa (ma lo stesso vale, più o meno, altrove) lo documentano chiaramente: il settore finanziario è quello che nell’ultimo anno più ha sottoperformato gli indici (i grafici mostrano la forza relativa all’S&P 500, lo sfondo rosso evidenzia una performance negativa).
La pesantezza del settore finanziario si è accentuata nel corso dell’estate e non sembra aver trovato sollievo neppure nel recente taglio dei tassi da parte della Federal Reserve (segnalato nel grafico dai puntini rossi).
B) Nessuno pensa che la crisi del mercato immobiliare Usa sia prossima alla fine, anzi, semmai, è destinata ad acuirsi nei prossimi mesi. Ci saranno ancor più fallimenti, e altre centinaia di miliardi di dollari di CDO che si riveleranno essere, anziché derivati creditizi di elevata affidabilità, semplice carta straccia.
Siccome gran parte di questi CDO sono stati venduti dalle banche americane che li hanno originati ad altri investitori europei e asiatici, il problema è globale. Anche a non voler mettere in conto crisi sistemiche, la redditività del settore finanziario è comunque destinata a entrare in sofferenza o quanto meno a deludere le attese: alle perdite dirette legate ai CDO va aggiunta una certa crisi di fiducia che limiterà la creazione di credito.
C’è allora da stupirsi se gli analisti finanziari, un po’ dovunque, hanno tagliato di brutto le stime degli utili del settore finanziario? No, è ovvio che accada. E infatti proprio questo documenta il grafico che allego, tratto da Ticker Sense e relativo al mercato americano (ma lo stesso sta accadendo altrove).
C) C’è qualcuno che non sa che la Borsa di Milano è zeppa di titoli finanziari? Banche e assicurazioni dominano gli indici. In un paio di minuti di ricerca sui siti di Borsa Italiana e di Deutsche Boerse è possibile ad esempio verificare che mentre il settore finanziario rappresenta addirittura il 43,2% della capitalizzazione di Piazza Affari, conta solo per il 24,5% del Dax, l’indice delle trenta blue chip tedesche.
L’uno e l’altro sono un po’ casi estremi, perché il settore finanziario, nei mercati europei, sta in genere attorno al 30% (ma è poco più del 20% dell’S&P 500, dove i titoli tecnologici pesano molto più che in Europa).
E comunque, questi pochi numeri bastano se ci si vuol fare un’idea del perché Milano da qualche mese va male e il mercato tedesco resta invece tra i migliori dell’eurozona.
Se poi uno considera che il mercato tedesco è gonfio di titoli industriali (come Siemens che rappresenta da sola il 10% del Dax), che esportano verso i mercati asiatici ed emergenti, i quali hanno in questi giorni toccato nuovi massimi proprio perché lì la congiuntura resta effervescente, il quadro è quasi completo.
Quanto ai multipli P/E – un assillo che a CorrierEconomia hanno deciso di lasciare irrisolto – c’è da stupirsi che salgano in una fase in cui le stime degli utili del settore finanziario vengono tagliate più di quanto non siano scesi i prezzi dei titoli?
Gli enigmi o le questioni interessanti della finanza sono tante, ma sono altre. Chiedersi perché la Borsa di Milano, nell’attuale fase, resti al palo non esige un’inchiesta e un’intera pagina di giornale piena di panna montata. A chi non lo sa, perché nella vita si occupa d’altro, è possibile rispondere in poche, semplici, chiare parole.
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