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La recessione del 2009: uno sguardo al consenso

Come disse il fisico Niels Bohr, “le predizioni sono molto difficili, specialmente per il futuro.” Questa massima si applica anche ai mercati finanziari. E ripetutamente, nel mio blog, ne ho portato le prove, mostrando come anche i migliori analisti siano spesso spiazzati dall’imprevedibile evolvere degli eventi. Ciò non vuol dire, d’altra parte, che ci si debba sforzare d’ignorare le opinioni di consenso. Conoscerle è utile. Non però al fine di farvi dipendere una strategia d’investimento ma, più semplicemente, per sapere quali aspettative già siano scontate nei prezzi di mercato.

Al centro delle preoccupazioni degli investitori c’è, in questa fase, la recessione che si è abbattuta su tutte le economie avanzate. Gli sguardi sono puntati sugli Usa, cuore della crisi e, al tempo stesso, dei mercati finanziari globali. Vediamo allora come si prevede che evolva la congiuntura americana.

Un ottimo sommario è stato pubblicato un paio di giorni fa dal blog Econbrowser, da cui riprendo i due grafici che seguono. Le previsioni incorporate sono tratte dall’ultimo sondaggio mensile del Wall Street Journal, condotto nella prima metà di novembre tra 55 dei più noti economisti americani.

Il primo grafico mostra l’andamento del PIL americano (linea blu) rispetto alla retta inclinata del tasso di crescita potenziale. Le barre verticali segnalano le recessioni. Le curve in rosso e in verde riflettono le previsioni di consenso pubblicate dal Wall Street Journal a novembre (rosso) e dicembre (verde). Come si vede, gli analisti nell’ultimo mese sono diventati più pessimisti e ora stimano che il PIL statunitense si contragga a un tasso annualizzato del 4,3% nel trimestre in corso, del 2,5% nel primo trimestre del 2009 e dello 0,5% nel secondo trimestre, per tornare poi a crescere moderatamente a un tasso dell’1,3% nel terzo trimestre del 2009 e del 2,0% nel quarto trimestre.

In base a queste previsioni, come si va configurando l’attuale recessione in confronto a quelle del passato? La risposta è ben visibile nel secondo grafico di Econbrowser. Sia per durata che per profondità, il consenso pensa che sarà simile a quelle del 1973-74 e del 1981-82, le due crisi economiche più pesanti del dopoguerra. Naturalmente, c’è chi pensa che le cose andranno anche peggio, come il team di analisti di Deutsche Bank (linea verde), le cui previsioni si trovano nel quartile dei più pessimisti tra quanti sondati dal WSJ.

Una recessione americana lunga 19 mesi, come oggi ci si aspetta, sarebbe un affare molto serio in base agli standard del dopoguerra, un periodo in cui le cicliche fasi di contrazione del Pil sono durate in media 10 mesi. A risalire più indietro nel tempo, si trova però di peggio. Nel 1902, 1910 e 1913 ci furono recessioni che si protrassero per oltre 20 mesi, mentre la crisi del ’29 vide l’economia contrarsi addirittura per 43 mesi di fila, come documenta quest’ultimo grafico, tratto da Bespoke Investment Group. La retta discendente evidenzia come la tendenza, nel tempo, sia stata verso recessioni di più breve durata – a testimonianza, si può presumere, di una migliorata capacità di gestire gli alti e bassi del ciclo sia da parte delle autorità che delle aziende. Una perizia che nell’America dell’era Bush, purtroppo, ha fatto difetto.

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